L’INCHIESTA
Morto davanti a Sky: «Omicidio preterintenzionale»
Chiusura indagini sulle due guardie. Il pm modifica il capo d’imputazione per il decesso di Gianni sala, il giovane senza dimora che viveva in stazione a Luino
Svolta nell’inchiesta chiamata a far luce sul drammatico decesso avvenuto fuori dagli studi di Sky a Milano di Gianni Sala, il trentaquattrenne senza dimora che, dopo aver lasciato la casa della madre di Germignaga, aveva come “residenza” la stazione di Luino. Iscritte nel registro degli indagati per omicidio colposo, le due guardie giurate dell’istituto privato Italpol che, nella notte tra il 19 e il 20 agosto dello scorso anno non esitarono ad utilizzare le maniere forti per contrastare i ripetuti quanto immotivati tentativi dell’uomo di entrare negli studi dell’emittente tv nel quartiere di Santa Giulia a Milano, rischiano ora il processo per omicidio preterintenzionale.
IL CAPO D’IMPUTAZIONE
La modifica del capo di imputazione è stata messa nero su bianco nell’atto di chiusura indagini dal pm milanese Alessandro Gobbis, secondo il quale Gianni Sala era «in evidente stato di alterazione» e morì per arresto cardiaco, «dopo essere stato anche tenuto a terra con un ginocchio sulla sua schiena per poco più di un minuto». Sempre a seguire l’atto di chiusura indagini, in quell’azione nei confronti di Sala i due indagati «diedero sfogo ad istinti violenti e inutilmente prevaricatori». L’uomo, che aveva assunto alcol e cocaina ed era in evidente stato di alterazione, fu immobilizzato in modo violento, «quando non c’era nessuna necessità di tutelare persone o cose da pericoli concreti».
“CHI L’HA VISTO?”
Nel febbraio scorso della triste fine di Gianni Sala si era anche occupato “Chi l’ha visto?”. E i filmati di video-sorveglianza trasmessi avevano colpito un po’ tutti. Perché in effetti la tragica fine del giovane di origini palermitane fa impressione e indigna. «Una morte gratuita», si era lasciato scappare il padre, Giampiero, ospite in studio. «In pochi hanno parlato della vicenda di mio figlio: chiediamo che sia fatta luce», era stato l’appello del padre della vittima. Un appello condiviso anche dal figlio Danilo: «Che cosa mai ha detto o fatto mio fratello per scatenare in quel modo le guardie?».
LE DROGHE E LA STAZIONE
In passato Sala aveva fatto il muratore, ma soprattutto nell’ultimo anno le cose erano andate peggiorando per via della dipendenza dalle droghe. La madre, che si è rifatta un’altra vita dopo la separazione e si è trasferita a Germignaga, voleva che restasse da lei nell’attesa di trovare un lavoro, ma lui preferiva essere libero. Viveva un po’ da senza dimora e spesso dormiva alla stazione di Luino. Lì lo conoscevano tutti e gli addetti alle pulizie gli tenevano il suo angolino. Descritto come una persona buona, era molto fragile. Sempre più di frequente scendeva nel bosco della droga Rogoredo a prendersi una o due dosi. Come ha fatto anche quella sera maledetta di agosto.
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