L’INTERVISTA
«Accam non è un mostro»
La nuova presidente Laura Bordonaro lancia la sfida ai «falsi miti sull’inceneritore»

Tre mesi da presidente di Accam, il tempo giusto per conoscere la situazione e poter dire qualcosa di concreto e fondato sui dati. Laura Bordonaro, avvocato, comprende le difficoltà ma si sente comunque motivata. «È una situazione complicata ma stimolante - dice - perché occuparmi di ambiente è sempre stato nelle mie corde».
Da dove partiamo nell’analisi?
«Partiamo dalle immagini. Bisogna capire che quello dell’inceneritore immortalato con i camini fumanti del mostro, è uno stereotipo da superare. Questa è un’azienda variegata, piena di gente professionale e preparata, moltissime sono le donne in ruoli chiave. Soprattutto è un’azienda ancora efficiente».
Molti dicono di no...
«Alt. Se si parla di una realtà decotta, si sbaglia. Semmai è una realtà che funziona benissimo ma che paga lo scotto di indirizzi politici che negli anni sono cambiati radicalmente. Prima si parlava di ristrutturazione, di colpo si è deciso che andasse cancellata».
Lei cosa pensa della chiusura fissata al 2021?
«Non è una questione che compete al mio ruolo. Come Cda abbiamo oggi il dovere primario di far funzionare al meglio l’impianto per cinque anni. Anzi, bisogna lavorare per migliorarlo il più possibile».
Lei pensa che alla fine Accam funzionerà anche dopo il 2021?
«Tanto può succedere, soprattutto perché parliamo di una scelta che non dipendeva da parametri di non produttività. In questo senso, è tutto il contrario».
In effetti chi vuol dismettere l’inceneritore la mette sul dato ambientale.
«Però non è così. Ora che ho toccato le cose con mano, lo posso dire con cognizione di causa. Perché l’impianto è industriale e ha un impatto, ma è sottoposto a un monitoraggio altissimo e i numeri dicono ad esempio che i livelli di ossido di azoto emessi sono fra i più bassi in Italia per siti simili».
Ma si investiranno 4 milioni di euro per rifare i filtri sulle emissioni?
«I tecnici stanno studiando come limitare i costi ed adeguarsi alle regole. Non so se arriveranno deroghe dalla regione, ma non siamo qui per lasciare andare le cose in malora in vista della chiusura».
Ma lei e il consiglio non state lavorando nell’ottica di spegnere tutto?
«Sul piano operativo no, la priorità è funzionare e bene. Certo nel bilancio, considerando la scelta vigente dei soci, bisogna mettere poste di bilancio straordinarie che tengano conto della prospettiva di dismissione. Chiaro che il totale economico sia negativo, ma non può condizionare la gestione dell’azienda che continua ad essere in utile».
Finirà con un bagno di sangue per i soci?
«È un altro falso mito. Il piano industriale dettaglia utilizzo e accantonamento delle risorse per adeguarsi alla scelta di fermarsi a fine 2021 e bonificare. Si fosse stata mantenuta la data del 2017, il quadro sarebbe stato drammatico. Così no».
Ne è sicura?
«Io faccio parlare i numeri. E per maggio voglio arrivare in assemblea per illustrare tutta la situazione e fare delle proposte. Il nodo semmai è un altro».
Vale a dire?
«I conti reggono se tutti i soci confermano il conferimento dei rifiuti sino alla fine della convenzione. Se qualcuno comincia a sfilarsi, invece cambia tutto. Però ricordo che questa è una società pubblica, di cui i Comuni sono azionisti».
Domani lei sovrintenderà la sua prima assemblea. La farà a porte aperte?
«La scelta la faranno i sindaci, ma io proporrò di tenere tutte le riunioni pubbliche. Sta alla base del concetto di trasparenza, di informazione corretta e chiara, di decisioni prese con coscienza andando oltre i falsi miti».
Non teme il pressing ambientalista?
«Anche io sono ambientalista. Anzi, dando più informazioni possibili, aprendo Accam alle visite, spiegando apertamente le situazioni, spero di far passare nell’opinione pubblica il messaggio che non stiamo parlando di un mostro».
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