IL LUTTO
Addio a Bordone
S'è spento l'ex primario della Chirurgia varesina. Il commiato al cimitero di Giubiano
Fosse stato per lui, non ci sarebbe stato alcun commiato ufficiale.
Non servono gli addii a chi, giunto al traguardo, sa che tutta la vita può stare in un solo cuore, per quanto malandato esso sia.
Nicola Bordone non sarà ricordato negli annali ospedalieri dei professoroni, dei baroni, dei manager nè delle primedonne in camice bianco e coscienza nera.
Bordone primario lo è stato della Chirurgia allora all’ospedale Del Ponte senza mai farne motivo di vanto, né tanto meno di sfida. E non solo perché operava nella stessa città di mostri sacri quali Andrea Calvi e Renzo Dionigi.
Piuttosto perché il suo secondo mentore, dopo Giorgio Vincre, caposcuola della chirurgia toracica negli Anni Sessanta al Padiglione Monteggia del Policlinico di Milano, fu un altro grande maestro della medicina varesina oltreché di vita: Cesare Gariboldi. Sotto Gariboldi, di cui fu aiuto dal 1968 all’ospedale di Circolo, Bordone crebbe fino al punto di diventare primario della Chirurgia dell’allora secondo ospedale cittadino. Lo fece a modo suo. Cioè incarnandosi nell’aggettivo ospedaliero. Lo si trovava infatti in sala operatoria o in corsia più che nei saloni dei convegni: una scelta per chi si sentiva medico anziché professore anche quando rientrò al Circolo per dirigere la Chirurgia B, lasciata da Gariboldi.
Era questo un modo di dare forma al proprio carattere, introverso come solo un pescatore d’acqua dolce può essere, eppure ironico come le note di Good Morning, Heartache rese celebri dalla sua jazzista preferita, Billie Holiday.
Dopo oltre 53 anni di matrimonio con Giancarla, madre dei suoi tre figli Elena, Andrea e Matteo e nonna dei suoi sei nipoti, a 80 anni, Nicola Bordone ha mosso l’ultimo passo chiedendo - come quando si pesca - silenzio.
Queste parole sarebbero state infinitamente troppe per il prof che negli anni della pensione insegnava ai nipoti a pescare ma anche a fare il pane in casa, che lascia più che un cane undicenne, un clone caratteriale di nome Mico, e che solo in extremis s’è lasciato convincere a farsi dire addio in pubblico. Un saluto breve e intenso, ricevuto la mattina di martedì 24 marzo prima della cremazione, nella sala del commiato di Giubiano, da chi portava nel cuore.
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