L’ANTIFASCISTA
Addio alla partigiana Bruna
Lidia Menapace vittima del Covid: aveva 96 anni. Fu staffetta in Val d’Ossola

Il Covid-19 se l’è portata via da un letto del reparto di malattie infettive dell’ospedale di Bolzano, dove da alcuni giorni era ricoverata.
L’ex senatrice è deceduta alle ore 3.10 di oggi, lunedì 6 dicembre.
Lidia Brisca, per tutti nota come Lidia Menapace, nata a Novara il 3 aprile 1924, già staffetta partigiana in Val d’Ossola, aveva 96 anni.
Novarese di nascita, combattente - appena diciannovenne - nelle formazioni partigiane impegnate dal 1943 al 1945 in Val d’Ossola come staffetta, col nome di Bruna, Lidia Menapace prese parte alla difesa della Libera Repubblica dell’Ossola, durata 40 giorni dal 10 settembre 1944.
Terminata la guerra, Menapace entrò nella Federazione universitaria cattolica italiana, preludio all’esperienza d’insegnamento - nei primi Anni ‘960 - che la vide lettrice d’Italiano e Metodologia degli studi letterari all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Trasferitasi a Bolzano nel 1952, dodici anni dopo fu candidata della Democrazia Cristiana e prima donna eletta nel consiglio provinciale di Bolzano, entrando poi nella giunta provinciale, come assessora effettiva per affari sociali e sanità.
Uscita dalla Dc e perso l’incarico alla Cattolica per aver pubblicato, nel 1968, un documento intitolato Per una scelta marxista. nel 1969 Lidia Menapace prese parte al nucleo fondatore del quotidiano. il manifesto.
La sua attività politica s’è dipanata nella ricerca di un punto di condivisione tra socialismo e cattolicesimo per dare concretezza a un ideale pacifista ed etico.
Eletta al Senato sotto le insegne di Rifondazione comunista, Menapace ricevette alcuni voti in occasione dello scrutinio segreto per l’elezione del presidente della Repubblica Italiana del 2006.
Poco dopo la nascita del governo Prodi fu proposta alla presidenza della Commissione Difesa al Senato, una proposta contestata da alcuni elementi della Casa delle Libertà visto il suo antimilitarismo. A scatenare le polemiche, una sua intervista a Francesco Battistini del Corriere della Sera, nella quale descrisse inutilmente costose e inquinanti le Frecce Tricolori.
La mattina stessa della pubblicazione dell’intervista, al posto della Menapace fu così eletto il senatore Sergio De Gregorio (Italia dei Valori), sostenuto dall’opposizione.
La sua ultima apparizione nel Varesotto fu merito del senatore e sindaco emerito di Busto Arsizio, Gian Pietro Rossi che la volle a Villa Tovaglieri per ricordare le imprese degli (allora) giovani antifascisti: lui con le Aquile Randagie, ossia gli scout clandestini, che contribuirono a salvare perseguitati per motivi politici e razziali portandoli oltre confine, lei staffetta sull’altra sponda del Lago Maggiore.
Due anni prima, nel marzo del 2016, invece, Lidia Menapace, con l’allora sindaco Michele Cattaneo, all’intitolazione del parchetto dedicato ad Annamaria Mozzoni.
Il suo testamento politico sta nell’ultima intervista concessa a Repubblica, nella quale, a proposito della pandemia e delle restrizioni opposte, auspicava una Liberazione sulla scorta di quella del 25 aprile 1945.
«Non vedo l’ora di uscire di casa - disse - e andare nel piccolo giardino sotto casa. Ma non vorrei che la liberazione dopo il virus, si riducesse solo a uscire di casa. Dobbiamo uscire da questo virus, e fare ripartire la politica. Immagino a gruppi di persone che pensino a cambiare le cose dentro un grande movimento di cambiamento. Una vita politica in cui ciascuno vede cose che non funzionano e si impegni per trasformarle, in cui le cose sbagliate siano raddrizzate. Non però creando frammentazioni e tanti piccoli partiti. Direi: dopo l’epidemia, ricominciamo dalla politica».
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