IL LUTTO
Addio al professor Piovanelli
Insegnante di Lettere, s’è spento a 91 anni nella sua Casbeno

L’addio, per chi resta, è fissato alle ore 9.15 di domani, martedì 20 novembre, nella chiesa parrocchiale di Casbeno. Qui Varese potrà salutare il professor Filippo Piovanelli, varesino doc, insegnante di Lettere tra i più stimati e amati tra chi frequentò la scuola media “Dante Alighieri” tra la seconda metà degli Anni ‘70 e la fine degli ‘80.
Il professor Piovanelli, fratello del compianto pediatra e neonatologo Giancarlo, s’è spento all’età di 91 anni: il suo cuore ha smesso di battere poco dopo essere stato sistemato sul lettino dell’ambulanza, chiamata dal figlio Marco all’aggravarsi delle condizioni di salute del padre.
«Se n’è andato serenamente - racconta Marco -. Poche settimane fa, da quel grande appassionato di viaggi che è sempre stato, l’avevo portato a Sciaffusa».
È stata l’ultima gita del “Prof” prima di salpare per il viaggio senza ritorno.
Con i viaggi, sua imprescindibile passione, Piovanelli coltivava anche l’hobby per le piante e per la musica, di cui era raffinato intenditore. Passioni condivise per una vita con la moglie Rosalba Carughi, maestra delle scuole elementari Carducci, a Casbeno, mancata nel 1999.
Piovanelli lascia anche il figlio Massimo, medico, dal 2103 costretto all’infermità da una malattia irreversibile e ricordato a Casbeno per essere stato, in gioventù, ottimo organista della Parrocchia.
Alla “Dante”, così come già alla “Nazario Sauro” di Malnate Piovanelli ha fatto parte di una generazione di docenti che, onorando il termine “insegnare” - hanno lasciato un tratto d’umanità profondo nei loro allievi: dal preside Giorgio Macchi al collega Severino Gandini, da Caporale alla professoressa Bianchi, mancata pochi mesi or sono, da Chirillo alle professoresse Cavallo, Gorini, Maroni, Corbetta, Molina, Allegro, da Vaccani a Negri, Careni, Doria, Castaldi e altri ancora.
Resterà di Piovanelli, che realizzava sin da ragazzo i presepi per la chiesa di San Vittore a Casbeno e ne allestì uno anche nel Duomo di Milano, l’immagine del gran camminatore che è stato, avvolto, in giornate come queste, nel suo cappotto spigato, con l’immancabile sciarpa e col cappello in testa: un’istantanea sopravvissuta al tempo, per ricordare un uomo colto, elegante ma soprattutto di una gentilezza discreta, come il suo sorriso appena abbozzato.
Un sorriso che rimandava a quello sguardo azzurro, diretto e severo, che ammoniva senza bisogno di parole. E spiegava che la vita è un viaggio da prendere seriamente ma con gioia.
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