IN APPELLO
Aloisio bis, via al processo
A febbraio saranno senti cinque testimoni

Saranno sentiti cinque testi nel corso del processo d’appello bis a due imputati accusati di aver concorso nell’omicidio di Cataldo Aloisio, il trentaquattrenne imprenditore edile originario di Cirò Marina ucciso da un unico colpo di pistola, il cui cadavere fu rinvenuto la mattina del 27 settembre del 2008 nei pressi del cimitero di San Giorgio su Legnano.
Lo hanno deciso nell’udienza di oggi i giudici della seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Milano (presidente Renata Peragallo).
Sul banco degli imputati: Vincenzo Farao, cognato della vittima (difeso dagli avvocati Gianni Russano e Michele D’Agostino); e Francesco Cicino, calabrese di Guardavalle (difeso invece dall’avvocato Letterio Rositano), ma da una vita a Legnano, considerato vicino alla famiglia del mammasantissima Carmelo Novella, assassinato il 14 luglio del 2008 a San Vittore Olona.
In primo grado entrambi erano stati condannatiall’ergastolo. La Corte di Cassazione ha però annullato con rinvio. Processo da rifare, dunque.
Facendo proprie le indicazioni della Suprema Corte, così come le richieste del sostituto procuratore generale Daniela Meliota e del pm della Direzione Distrettuale Antimafia Cecilia Vassena, la Corte d’Assise d’Appello, nel procedere alla rinnovazione istruttoria, hanno fissato un paio di udienze a febbraio per sentire cinque testimoni.
Nell’udienza del 20 febbraio saranno sentiti la moglie e il fratello di Cataldo Aloisio, vale a dire Elena Farao e Francesco Aloisio; Antonio De Luca (e cioè colui che accompagnò la vittima da Bologna a Legnano il giorno del delitto); e Francesco Farao, fratello di Vincenzo e di Elena, anche lui cognato dell’imprenditore, divenuto nel frattempo collaboratore di giustizia. Il 27 febbraio ci sarà invece la deposizione di un altro pentito, Gaetano Aloe.
Per il delitto Aloisio sono stati condannati all’ergastolo in via definitiva sia Vincenzo Rispoli, ritenuto il boss del locale di ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, diretta emanazione della cosca Cirò Marina in terra lombarda, sia Silvio Farao e Cataldo Marincola, reggenti del clan a Cirò. Sentenza alla mano, Rispoli sarebbe stato l’esecutore materiale dell’omicidio, mentre gli altri due sarebbe stati i mandanti.
A seguire il teorema accusatorio, a incastrare Rispoli e gli altri due boss sono state le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia eccellenti. Tra queste, anche quelle dell’ex braccio destro di Rispoli (e ora collaboratore di giustizia) Emanuele De Castro.
Quanto al movente, Cataldo Aloisio sarebbe stato assassinato perché era diventato un “pericolo” per gli interessi ella cosca. La coppia Farao-Marincola rimproverava ad Aloisio di aver manifestato forti propositi di vendetta verso chi aveva decretato l’assassinio dello zio Vincenzo Pirillo, che prima della sua morte fungeva da reggente della ‘ndrina di Cirò in nome e per conto dei boss detenuti; nonché di avere rapporti con esponenti delle forze dell’ordine. A questo proposito, nel maggio del 2008 Aloisio incontrò a Malpensa un maggiore del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Crotone.
© Riproduzione Riservata