LEGALITÀ
Arsago, lotta alla mafia. «È dovere di tutti»
Due simboli della ribellione a Cosa nostra all’incontro organizzato da Comune, comunale, a Pro loco e Volarte Italia

Arsago Seprio partecipa alla giornata in memoria delle vittime della mafia con l’evento “L’antimafia del fare” che ha portato al Centro culturale Concordia due figure che hanno combattuto in prima persona gli orrori di Cosa nostra: Santi Palazzolo, uno dei migliori pasticceri d’Italia che denunciò un tentativo di estorsione nel suo locale all’aeroporto di Palermo nel 2015, e Franco La Torre, in prima linea contro la mafia con il suo passato da presidente della Consulta Antimafia attraverso cui ha seguito le orme del padre Pio, indigesto a Cosa Nostra e per questo ammazzato.
«Non dobbiamo mai pensare che la mafia sia lontana: non dobbiamo mai abbassare la guardia, quindi ringrazio gli ospiti», dice il sindaco Fabio Montagnoli, introducendo l’evento organizzato dall’amministrazione comunale, dalla Pro Loco locale e da Volarte Italia, il cui presidente, Adelio Airaghi, ha fatto da moderatore. «Andai dal presidente della Confcommercio di Palermo, una persona che conoscevo bene, - racconta Santi Palazzolo – e lui, con pure molta calma, mi disse di portargli 150mila euro per tenere la mia attività aperta. Non ho denunciato per un motivo legato al negozio. Ho denunciato come genitore perché ho cinque figli e bisogna dare un motivo a loro per guardarci negli occhi, fornendo loro un esempio».
«Parlare di legalità - aggiunge - è importante, ma oggi si deve parlare di senso di responsabilità, assumendoci la responsabilità delle nostre azioni e smettendo di guardare solo al nostro orticello. E in terzo luogo, come imprenditore. Quest’esperienza deve essere raccontata oppure non si cresce: se vogliamo giungere ad una società migliore, dobbiamo impegnarci tutti, senza fare gli eroi, perché se il normale dovere di un cittadino diventa eroico, c’è qualcosa che non va». Franco La Torre ha parlato dell’esempio di suo padre proprio nella giornata in memoria delle vittime della mafia: «Viviamo nell’ingiustizia perché purtroppo esistono vittime di serie A e di serie B: tra le vittime ci sono esempi che ci ricordano il modo per noi normali cittadini di fare il nostro dovere, di essere fedeli e rispettare i principi costituzionali, ma che rimangono senza nome. Mio padre aveva cambiato il suo destino attraverso lo studio in una Sicilia ancora arretrata, dove l’unico ascensore sociale era la scuola. Pio La Torre tocca con mano la mafia, ma quello non gli basta perché lui passa la sua carriera analizzandola da vicino per affermare quei diritti che la mafia negava tutti i giorni: come diceva lui, la lotta alla mafia è una lotta per la democrazia, l’articolo 1 dice che l’Italia è un paese fondato sul lavoro, e sotto la mafia il diritto al lavoro diventa un piacere concesso dal mafioso. Ma la lista di diritti calpestati è lunga. Quindi noi che possiamo fare? Possiamo fare tantissimo, unendoci come società con la schiena dritta, come ha fatto Santi».
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