IL PROCESSO
Assolto l’ex capo delle Gev
Gambaro era accusato di aver annullato 115 multe delle Guardie ecologiche volontarie in modo irregolare

Era accusato di abuso d’ufficio, per aver annullato o archiviato multe delle Guardie ecologiche volontarie di Varese in modo troppo “disinvolto”. Ma il processo a carico dell’ex referente delle Gev Fausto Gambaro, 69 anni, notissimo e attivissimo in città con i suoi uomini dal 2011 al 2016, a sorpresa è finito subito.
Nella mattinata di giovedì 6 dicembre il Tribunale presieduto da Orazio Muscato (a latere Valentina Maderna e Stefano Colombo) a un certo punto ha interrotto infatti l’esame dei testimoni della pubblica accusa (in aula il sostituto procuratore Luca Petrucci), si è ritirato in camera di consiglio e poco dopo ne è uscito con una sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste». Questo sulla base dell’articolo 129 del Codice di procedura penale, che prevede appunto che il giudice, “in ogni stato e grado del processo”, nel caso riconosca appunto che il fatto non sussiste, “lo dichiara di ufficio con sentenza”.
Il motivo di questa decisione sarà spiegato dal collegio nelle motivazioni: intanto va registrata la soddisfazione del difensore di Gambaro, l’avvocato Mauro Dalla Chiesa, che in aula si era trovato a contrastare non solo la Procura di Varese, ma anche Palazzo Estense, parte civile con l’assistenza dell’avvocato Mauro Pagani.
Al centro del processo c’erano 115 verbali redatti dalle Gev dal 2009 al 2014, per un “valore” di oltre 12.000 euro, sui quali a partire dal 2015 indagò la Polizia locale di Varese. Il problema era che in questi verbali qualcuno, poi identificato in Gambaro, aveva scritto a penna “annullato” o “archiviato”, firmando poi il “provvedimento” con una sigla.
Questo, in base alle conclusioni dell’indagine coordinata dalla Procura, avrebbe portato a un’interruzione dell’iter corretto per la contestazione al trasgressore, per l’eventuale ricorso dell’interessato e per l’ingiunzione di pagamento «senza motivazioni corrette».
Si trattava di verbali per violazioni ai regolamenti comunali, di polizia urbana e del “verde”, che in alcuni casi non presentavano dati essenziali per la prosecuzione dell’iter. Mentre in altri Gambaro avrebbe “corretto” errori commessi dalle Gev in fase di accertamento (un esempio: il verbale per rifiuti abbandonati in strada con contestazione all’amministratore di condominio sbagliato).
Peccato che già l’esame del primo teste - il comandante della Polizia locale di Varese Matteo Ferrario - abbia subito evidenziato che tra i 115 multati non c’erano parenti o amici stretti della guardia ecologica - cosa che avrebbe potuto far pensare a un abuso d’ufficio intenzionale - ma al massimo qualche conoscente all’interno dell’amministrazione comunale. E inoltre è emerso quasi subito che un pensionato che faceva lo “sceriffo dei parchi” su base volontaria, senza stipendio e con un semplice rimborso spese, non aveva chiaramente alcun potere in relazione all’archiviazione e all’annullamento dei verbali.
«Si trattava di appunti - ha spiegato in aula il difensore - che dovevano servire agli uffici comunali per la prosecuzione dell’iter, ma non avevano chiaramente alcun valore».
Insomma Gambaro avrebbe archiviato e annullato multe senza alcuna supervisione da parte del Comune, che avrebbe potuto benissimo “correggere” le sue decisioni, e per questo i verbali sarebbero diventati carta straccia.
Chiarificatrice dell’opinione del collegio su questa vicenda, una domanda quasi retorica del presidente Muscato nel corso del processo lampo: «Ma non era il caso di mettere un dipendente del Comune a fare quel lavoro?».
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