CONTROPASSATO PROSSIMO
Quei tredici minuti di troppo

Nel tardo pomeriggio dell’8 novembre 1939, a Costanza, sul confine tra Germania e Svizzera, due doganieri del Terzo Reich fermarono un uomo che si aggirava circospetto.
Interrogato, dichiarò di essersi perso: si chiamava Georg Elser, aveva 36 anni, era un tedesco “ariano” – non ebreo o polacco – di bassa statura, tarchiato, con i capelli castani e i baffi.
A vederlo, insomma, un uomo insignificante. Poco dopo, alle 21 e 20, una bomba esplose nella birreria Bürgerbräukeller di Monaco di Baviera, a 250 chilometri di distanza. Due eventi in apparenza scollegati.
La guerra era iniziata da un mese e il 6 ottobre Adolf Hitler aveva avanzato un’offerta di pace all’Inghilterra.
In cambio, chiedeva il riconoscimento dell’occupazione della Polonia, appena invasa. Tuttavia, il 12 ottobre il primo ministro inglese Neville Chamberlain aveva respinto la proposta. Hitler aveva allora deciso di attaccare la Francia al più presto.
Questa decisione gli salvò la vita, e impedì che la storia del mondo prendesse un’altra strada. L’8 novembre infatti il Führer aveva un impegno obbligato proprio alla Bürgerbräukeller. Come tutti gli anni celebrava con i nazisti della prima ora il putsch di Monaco del 1923: il fallito Colpo di Stato, costato a Hitler nove mesi di prigionia. Ma da quella birreria, 16 anni prima, era iniziato l’assalto al potere del nazismo.
Comunque, la sera dell’8 novembre il Führer stava tenendo il suo discorso, che come al solito sarebbe potuto durare per ore.
Nel frattempo, a Costanza, i doganieri trovarono nelle tasche di Elser alcuni oggetti singolari: un pezzo di una miccia, due tenaglie e soprattutto una cartolina della birreria Bürgerbräukeller.
I documenti degli interrogatori della Gestapo, resi pubblici solo nel 1964, raccontavano una storia semplice: quando la radio diffuse la notizia della bomba, e dopo essere stato torturato, Elser iniziò a parlare.
Carpentiere, falegname, anche orologiaio in una fabbrica, più che comunista – credeva e frequentava la Chiesa protestante – disprezzava il totalitarismo nazista: a suo parere la morte di Hitler era necessaria alla Germania e all’Europa, per evitare l’immane tragedia della guerra.
Nessuna congiura internazionale, nessuna spia: Elser aveva elaborato da solo il suo piano. Già nel 1938, sapendo dell’anniversario di Monaco, si era recato per un sopralluogo alla birreria. Poi, assunto in una cava, giorno dopo giorno era riuscito a trafugare 50 chili di esplosivo.
Trasferitosi quindi in Baviera, aveva cominciato come molti altri a frequentare la Bürgerbräukeller. Trovato un nascondiglio, tutte le notti, dopo la chiusura, Elser aveva scavato una nicchia per inserire l’esplosivo nel pilastro che reggeva il tetto: il crollo avrebbe ucciso Hitler sul palco, durante il suo farneticante discorso. Dopo 35 giorni tutto era pronto. Preparato il timer, era partito per Costanza, per riparare in Svizzera.
Paradossalmente il piano funzionò, alle 21 e 20 la bomba esplose: otto morti e sessantatre feriti. Ma Hitler non era più lì.
Il “Caso” aveva infatti esplicato tutta la sua forza: l’attacco alla Francia era deciso per il 12 novembre, tre giorni dopo. E Hitler doveva tornare in fretta a Berlino, per gli ultimi preparativi.
Il maltempo, però, impediva il viaggio in aereo: così aveva anticipato il discorso, e se ne era andato 13 minuti prima dell’esplosione, per prendere il treno. Hitler si era salvato e sembrò che il “Caso” stesse giocando veramente dalla sua parte: contemporaneamente infatti alcuni ufficiali, contrari all’invasione dell’Ovest – considerata un suicidio – avevano organizzato un Colpo di Stato per eliminarlo. Ma dopo l’attentato di Elser la paura di una retata della Gestapo li fermò e, anzi, i congiurati bruciarono tutti i documenti compromettenti.
Come è noto, Hitler subì circa 42 attentati e riuscì sempre a cavarsela. Col senno di poi – ma la Storia non si fa con i “se” – quei 13 minuti di troppo avrebbero forse risparmiato la più grande tragedia dell’umanità, e sessanta milioni di morti. Compreso Georg Elser che, finito a Dachau, fu fucilato il 9 aprile 1945.
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