IL DOLORE
«Chi ha ucciso mio figlio sconti tutta la pena»
Nell’anniversario della tragedia, la mamma di Claudio Meggiorin, il giovane barista accoltellato l’11giugno del 2005, lancia un appello: «Togliere nei casi gravi i benefici sulla diminuzione degli anni di carcere»

«Sono passati 13 anni, ma il tempo non ha guarito nulla, non ci sarà mai un tempo sufficiente a placare il dolore».
Elisabetta Garuti esce dal cimitero con gli occhi gonfi di lacrime. Ha appena lasciato un cuore di fiori sulla tomba del figlio Claudio - Claudio Meggiorin -, il giovane che l’11 giugno del 2005 venne ucciso fuori dal suo locale mentre si prodigava per calmare una lite tra altre persone. Una tragedia.
Un dolore sconfinato, straziante, per la madre e i familiari. Soprattutto nel giorno dell’anniversario della scomparsa.
Fino a due anni fa, veniva organizzato allo stadio un torneo in memoria di Claudio: «La situazione di incertezza che ha avvolto il Varese calcio ci ha indotti a sospendere questa iniziativa. Ma tengo a precisare che l’associazione dedicata a mio figlio è ancora attiva e in futuro andremo a proporre nuovi eventi e nuove campagne di solidarietà».
Per l’omicidio del 23enne barista di Besano sono stati condannati Vladimir Mnela, autore materiale dell’accoltellamento, a trent’anni e un giovane all’epoca minorenne, Fatjon, accusato di concorso nel delitto, a 9 anni e 4 mesi, con il beneficio della messa alla prova.
La madre di Claudio ritiene giusti i verdetti, non altrettanto l’applicazione concreta delle condanne. «Il minorenne se l’è cavata di fatto con due anni di messa alla prova mentre l’omicida, a fronte di una condanna a trent’anni, potrebbe già cominciare a uscire dal carcere tra pochi anni, forse già un paio. E mio figlio invece non c’è più. Trovo profondamente ingiusto che le condanne, nei casi di omicidio, o gravissimi reati, si risolvano poi in molto meno carcere di quanto previsto dalle sentenze. Per questo chiederò aiuto ai nuovi parlamentari della provincia di Varese di sollecitare una revisione delle leggi sull’esecuzione della pena, facendo in modo che un ergastolo, trenta o 20 anni, vengano scontati per intero, fino all’ultimo».
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