L’INCHIESTA
Bonus facciate, 23 indagati
L’accusa è di truffa allo Stato. Solo nel 2021 avevano incassato indebitamente 7 milioni. Indagine della Squadra mobile di Varese

Il soggetto era noto, perché in passato ne aveva già combinate diverse. Così quando attorno alle società a lui riconducibili avevano cominciato a girare milioni di euro di richieste di rimborso per operazioni legate al bonus facciate, agli agenti della Squadra mobile di Varese era venuto subito un sospetto. Vuoi vedere che ci sta provando di nuovo?
Due anni e mezzo di indagine hanno dimostrato che i poliziotti avevano visto giusto: l’imprenditore, originario della provincia di Napoli, già condannato più volte per reati finanziari e contro la persona e che nei confronti dell’Erario aveva un debito di circa 17 milioni di euro, è oggi indagato insieme ad altri 22 soggetti per una maxitruffa ai danni dello Stato. Sfruttando i meccanismi del bonus facciata, solo nel 2021 la banda avrebbe frodato al Fisco circa 7 milioni di euro.
L’indagine che nel gennaio 2022 aveva già determinato un maxisequestro di beni per un totale di 15 milioni di euro si è chiusa nei giorni scorsi, nella sua semplicità il meccanismo della truffa ora è chiarissimo. Le società che facevano capo al napoletano e ai suoi prestanome attestavano come eseguite e terminate lavorazioni appaltate dai committenti per il rifacimento delle facciate di immobili e condomini: in verità la dichiarazione di “fine lavori” veniva attestata quando in realtà non era ancora stato predisposto il cantiere, e a volte neanche richiesta la segnalazione certificata di inizio attività. Sfruttando l’opzione “sconto in fattura”, di fatto i 23 indagati ottenevano crediti di imposta che poi monetizzavano immediatamente girandoli a istituti bancari che in buona fede credevano nella genuinità delle operazioni.
Ma i lavori non erano mai neppure iniziati, e nelle gran parte dei casi i costi erano pure gonfiati al punto che il rifacimento delle facciate superava il valore stesso dell’intero immobile.
L’avesse fatta meno sporca, almeno in teoria l’imprenditore avrebbe potuto utilizzare questi crediti per compensare ameno in parte il suo debito nei confronti dell’Erario. La sua scelta invece era stata netta: rivolgersi alle banche per trasformare crediti così ottenuti in soldi da spendere per mantenere uno stile di vita decisamente elevato.
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