LA SENTENZA
Botte e stupro di gruppo sulla moglie: dieci anni
La donna costretta a subire gli abusi del marito e dello zio

Ha maltrattato per anni la moglie, picchiandola, minacciandola di morte, costringendola a posare nuda per poi postare le foto su un sito di scambisti. E l’ha persino costretta a soddisfare le sue voglie e a fare sesso a tre, cioè con lo stesso marito e con lo zio di lei.
Queste le accuse costate a un 45enne varesino la condanna a dieci anni di reclusione per i reati di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale, anche di gruppo. La stessa pena chiesta dal pm Giulia Grillo nella sua requisitoria. L’uomo dovrà inoltre risarcire i danni alla donna, da cui nel frattempo si è separato: l’indennizzo è stato quantificato in 30.000 euro. La sentenza del Tribunale di Varese è arrivata ieri pomeriggio, al termine di un processo lungo e a tratti drammatico. Un’istruttoria nella quale è stata ricostruita una convivenza tormentata e segnata dalla tossicodipendenza di entrambi i coniugi. La coppia ha cambiato più volte residenza, spostandosi dall’Alto al Medio Verbano tra il 2015 e il 2019, anni in cui sono avvenute le violenze denunciate dalla donna e contestate nel capo d’imputazione. Un racconto ritenuto credibile dal pubblico ministero: «Lei aveva una dipendenza da stupefacenti ed era disposta a tutto per avere la dose di eroina. Tranne che a fare sesso con i due imputati. C’era un limite, ha detto: quel parente acquisito non le piaceva proprio». Anche lo zio della donna, infatti, era accusato di stupro di gruppo, ma nel frattempo è morto e quindi il reato è stato dichiarato estinto.
«Lei era usata come bassa manovalanza per spacciare - ha proseguito l’accusa - e come oggetto sessuale, quasi una schiava, quando dovevano soddisfare i loro bisogni. Ma era anche un punching ball utilizzato dal marito per sfogarsi: quando era nervoso, si girava e le sferrava un pugno».
L’elenco dei maltrattamenti, di cui ha fatto le spese anche la suocera dell’imputato, è lungo. E comprende umiliazioni a base di insulti («Putt..., non vali niente. Per me puoi crepare sul divano»), minacce («Ti ammazzo! Ti faccio fuori! Mi hai portato via i bambini, questa te la faccio pagare... Se non vieni a prendere tua figlia, te la faccio trovare morta») e botte: dalle testate ai pugni, ai calci, arrivando persino a investirla con l’auto. Non è finita: l’avrebbe anche obbligata ad assistere mentre lui si masturbava e a postare le proprie foto nuda su un sito di scambisti, proponendole poi uno scambio di coppia in cambio della cocaina. E di fronte al suo rifiuto l’avrebbe picchiata. Poi ci sono i pugni e le cinghiate finalizzate a costringerla a far sesso contro la sua volontà, sia con l’ex marito, sia in un’orgia a cui avrebbe partecipato pure lo zio. «Atti commessi peraltro con i bambini presenti in casa. E lei non poteva essere consenziente, perché non era lucida», ha affermato l’avvocato Maria Privitera, legale di parte civile. Tramite il suo difensore (l’avvocato Fabio Rizza), l’imputato - assente - non ha negato che ci siano state «condotte maltrattanti, tipiche di un contesto familiare con due persone tossicodipendenti». Ma ha respinto l’accusa di violenza sessuale, parlando di falsità raccontate dalla donna, sottolineando le contraddizioni del suo racconto. Racconto che è stato invece ritenuto credibile dai giudici.
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