OPERAZIONE MAGHREB
Collaborò alle indagini: sconto di pena
Decisiva la confessione per smantellare una rete di spacciatori

Con la sua confessione avrebbe dato una grossa mano ai carabinieri della Compagnia di Luino nel mettere a segno la cosiddetta “operazione Maghreb”, sfociata lo scorso febbraio in un’ordinanza di custodia cautelare che ha “attinto” una ventina di nordafricani, in prevalenza marocchini e residenti nell’hinterland milanese, che gestivano in maniera organizzata e sistematica la vendita di eroina, cocaina, hashish e marijuana nei boschi del Nord Varesotto.
Per questo, un piastrellista pugliese residente ad Agno, in Canton Ticino, “pizzicato” il 7 novembre scorso alla frontiera doganale di Luino dopo aver fatto tappa nei boschi di Ardena, a Brusimpiano per un “rifornimento” importante di cocaina («La droga venduta lì è migliore di quella che si trova in Svizzera ed è più conveniente», la sua giustificazione), finito sotto processo per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, ha ottenuto ieri, martedì 2 luglio, l’okay al concordato in appello.
Di fatto, sostituto procuratore generale e difesa hanno trovato l’accordo su una riduzione di pena e contestuale rinuncia ai motivi d’appello.
Il “patteggiamento” è stato accolto dai giudici della quinta Corte d’Appello di Milano. Di qui la pronuncia di una sentenza ora inoppugnabile.
Nello specifico, la pena è scesa di quattro mesi: dai due anni e 20 giorni di reclusione (e 2mila euro di multa) inflitti dal Tribunale di Varese, si è scesi a un anno e otto mesi di reclusione (e 1400 euro di multa).
L’imputato si è sempre difeso sostenendo di essere soltanto un mero assuntore.
«Volevo avere una bella “scorticina”, così da poter arrivare a Natale, per non fare avanti e indietro», le sue parole.
«Non mi sembrava il massimo avere a che fare con quella gente lì. Andare una volta sola era meglio».
Lo shopping di cocaina era stato di un certo peso, visto che gli era costato la bellezza di 2.500 euro.
Per questo, aveva spiegato dopo essersi visto sequestrare una cinquantina di grammi di cocaina, si era portato appresso un bilancino di precisione.
Per evitare di prendersi la “sola”.
Il coltellino sequestrato dai militari dell’Arma?
Un utensile utilizzato sul lavoro. La tesi difensiva non è stata condivisa dai giudici. Perché con la sostanza acquistata nei boschi di Brusimpiano avrebbe potuto astrattamente ricavare oltre 235 dosi di polvere bianca.
In più a far propendere per un’attività di spaccio anche il possesso di 160 franchi svizzeri e di 20 euro.
Ciò detto, in appello è arrivato ugualmente lo sconto. Per il suo contributo alla riuscita delle indagini antidroga.
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