LA SENTENZA
Abusi sulla figlia, assolto
Padre vittima di invenzioni: finisce un calvario durato cinque anni. «La ragazza è schizofrenica»
Lo ha infangato, umiliato, trascinato davanti al tribunale con una delle peggiori accuse che si possano controbattere: violenza sessuale. Ma la figlia si è inventata tutto. Non c’era nulla di vero nella sua denuncia, verbalizzata a maggio del 2014, e neppure nelle pagine del diario consegnato ai carabinieri e probabilmente confezionato ad arte per inguaiare il genitore.
L’altro giorno il gup Giuseppe Limongelli ha assolto il cinquantaquattrenne difeso dall’avvocato Andrea Brumana perché il fatto non sussiste. «Tutto cade dell’accusa», scrive il giudice in sentenza, «manca la benché minima prova testimoniale. La cosa più sconvolgente è che la ragazza produceva l’agenda nel corso dell’integrazione di denuncia, a giugno, ed era come una supplica al giudice come se gli volesse dire “giudice non faccia la sciocchezza di condannare mio padre, legga attentamente il mio diario”». A parere del gup la giovane, che oggi ha ventisette anni, non avrebbe partorito quella storia di abusi sessuali per crudeltà o vendetta. «È una povera ragazza distrutta da genitori che per i loro comportamenti litigiosi l’hanno portata addirittura a sentire le voci. Chi scrive non è uno psichiatra ma da vecchissimo giudice sa bene che il sentire le voci è lo squilibrio psichiatrico di maggiore gravità, tipico segno di schizofrenia gravissima. Le voci possono comandare di tutto, dal bene all’estremo male».
Il gup, per dare ancor più consistenza alla sua decisione, cita il tuziorismo, antica dottrina morale che invita alla massima cautela in materia legale: «Tuzioristicamente, in ogni caso, ove quanto scritto non convincesse, questo giudice non può affermare con certezza che i fatti denunciati non fossero stati raccontati solo per allontanare il padre dalla mamma, figura del tutto inesistente per la giovane».
La ventisettenne - che è in cura al Cps - rivelò le presunte molestie quando ormai era maggiorenne, in piena fase di separazione dei suoi, collocandole in un periodo durato fino al 2008. A detta sua il genitore le avrebbe allungato le mani sulle parti intime, sotto i vestiti, approfittandone quando la minore era a letto. Ma le sue versioni sono risultate contraddittorie, incoerenti. L’indagine però si concluse con la richiesta di rinvio a giudizio.
Al termine della requisitoria, infatti, il pubblico ministero ha chiesto la condanna a quattro anni di reclusione e la parte civile - ossia la ventisettenne stessa attraverso il suo legale Ombretta De Servi - il risarcimento del danno. La sentenza del gup Limongelli ha ribaltato le prospettive. «È finito un incubo per il mio assistito», commenta l’avvocato Brumana. «Per anni è stato oggetto di pesantissime accuse per fatti che lo stesso ha sempre affermato di non aver commesso. Il mio assistito è quindi estremamente soddisfatto per l’esito del processo, che non cancellerà però le grandi sofferenze di questi anni di ingiusta incolpazione».
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