DOPO L’INCENDIO
Accam, il domani è incerto
Riaccendere l’inceneritore costerà caro: lievita la spesa per le riparazioni alle turbine

Rimettere in funzione Accam, dopo l’incendio che una settimana fa ha devastato la sala turbine, non è affatto uno scherzo.
Ogni giorno la conta dei danni di quell’incidente (che non ha interessato i forni di incenerimento, ma ha costretto a spegnerli) continua a crescere.
Manca ancora il verdetto definitivo dei tecnici ma, dalle prime stime, il colpo subito dall’azienda pubblica che smaltisce i rifiuti potrebbe addirittura oltrepassare i 4 milioni di euro fra danneggiamenti e mancati introiti.
Nelle prossime ore dovrebbero cominciare le verifiche dei periti, dalle quali dipenderà anche l’apertura della richiesta di risarcimento alle assicurazioni, intanto l’impressione è che gli interventi da svolgere per ridare operatività all’impianto di Borsano (e, ancor più, per renderlo di nuovo in grado di produrre energia) siano molto costosi, nonché bisognosi di parecchio tempo per essere realizzati.
Se davvero - come pare - la turbina avvolta dal fuoco sia da buttare e sostituire, l’azienda dovrà mettere in conto un’uscita di oltre due milioni.
Neppure la struttura gemella è rimasta estranea al rogo, quindi pure in quel caso se ne andranno diverse centinaia di migliaia di euro per le riparazioni, da aggiungere alle somme indispensabili per rifare tutti gli impianti elettrici.
Ma non è finita qui: da quelle turbine usciva energia che fruttava tre milioni di utili annui e ci vorranno mesi prima di sistemarle e/o cambiarle, vista la complessa componentistica del caso.
E poi ancora: l’attuale trasferimento delle pattumiere in altri impianti lombardi, secondo il protocollo di mutuo soccorso attivato in questi casi, significa che anche gli introiti da smaltimento si cancelleranno finché Accam non riprenderà a “mangiare” gli scarti del territorio.
Una stima approssimativa, insomma, farebbe supporre che, per ogni giorno di non funzionamento, la Spa perderà quasi 30mila euro.
Tutto questo disegna uno scenario complicatissimo, nel quale il presidente Angelo Bellora e il suo direttivo stanno cercando di fare il possibile per trovare una situazione.
Oltretutto, ai danni post incendio, si somma la vicenda del contratto di superficie con il Comune di Busto che scadrà nel 2025 a fronte di una convenzione che fissa (per ora) la chiusura del sito al 2027: in questo clima, strappare la proroga non sarà politicamente una passeggiata.
Ciò senza dimenticare la recente perdita dello status in house che costringerà i municipi a mettere a gara lo smaltimento dei loro rifiuti, senza garanzie che sia proprio Accam a vincere l’appalto. Insomma, un guaio.
A questo punto l’inceneritore si trova a un bivio: o i 27 Comuni si diranno disponibili a mettere soldi e garanzie per le riparazioni, impostando una ripartenza i cui costi difficilmente sarebbero sopportabili (cioè ammortizzabili) con un margine di vita così corto, oppure si valuteranno altre strade, compresa la dismissione immediata, con tutto ciò che comporta in termini gestionali, ambientali e occupazionali.
Il presidente Bellora si sta davvero prodigando giorno e notte per trovare la strategia che difenda l’azienda pubblica, ma la sfida è enorme.
L’ultima speranza è che gli approfondimenti tecnici ridimensionino i danni, smentendo le iniziali previsioni e consentendo di ripartire almeno per fine febbraio con una linea.
Altrimenti ci sarà bisogno di chiedere ai sindaci delle scelte coraggiose, qualunque esse siano.
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