CONTRAFFAZIONE
Dollari falsi per giocare alle slot
Aveva promesso di svolgere lavori utili, non li ha svolti e ora per il 53enne si aprono le porte del carcere

Brutta bestia la ludopatia. Quando ti prende, non ti molla più. E sono guai seri. Perché in sala giochi, i più accaniti spendono. Esagerando.
Silvio M., bustocco di 53 anni, ogni volta che metteva piede in una sala di Rho poteva anche bruciare 600/700 euro nel breve volgere di due ore. Un’esagerazione. Evidentemente insostenibile dal punto di vista finanziario.
E allora che cosa si è inventato per coltivare il suo vizio? Non si sa bene come, sta di fatto che gli sono capitate tra le mani una cinquantina di banconote da 100 dollari statunitensi e, tra il dicembre 2012 e il gennaio 2013, le ha utilizzate nella sala giochi rhodense.
Con la scusa di avere finito il contante in euro, ecco che aveva chiesto di poter cambiare i dollari americani raccomandandosi però di non cambiarli, garantendo che avrebbe provveduto lui stesso a riprenderli versandone il controvalore in euro.
Perché aveva tra le mani tutti quei dollari? Il giocatore incallito aveva spiegato che lavorava per una società made in Usa e che aveva un conto corrente in Svizzera.
Gli avevano creduto. Però, a fine gennaio, Silvio M. non si era fatto più vedere a Rho per riprendere i dollari e, per questo motivo, il proprietario della sala giochi aveva provveduto al cambio recandosi a uno sportello bancario a Porlezza. Dopo 10 giorni, quella banca gli aveva comunicato che avrebbero provveduto a recuperare il denaro sul suo conto, poiché le banconote presentate erano contraffatte. Un falso in seguito certificato dalle verifiche della polizia.
Non c’è voluto molto per risalire all’autore della spendita di banconote false. In occasione della perquisizione a casa, a Busto, l’uomo si era difeso spiegando che i dollari li aveva ricevuti da un francese in cambio della vendita del suo orologio. Poco importa. Ormai la frittata era fatta.
Il reato gli è costato una condanna a un anno e due mesi di reclusione. In realtà, il giudice del Tribunale di Busto Arsizio gli aveva pure concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinandolo però allo svolgimento di lavori non retribuiti a favore della collettività da svolgersi per la durata massima di sei mesi e per complessive 144 ore presso un ente a sua scelta.
Tutto sommato, pareva un buon compromesso. Peccato che di lavori di pubblica utilità dopo quella sentenza non abbia fatto nemmeno un’ora. Ragion per cui i giudici della quarta Corte d’Appello, una volta rigettato il suo ricorso, lo hanno punito eliminando la sospensione condizionale.
In altre parole, quando la sentenza diventerà definitiva, l’imputato sarà costretto a scontare la pena in carcere.
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