DIBATTITO
«Il centro ha bisogno di un progetto»
L’analisi di Alessandra Ceccuzzi, neopresidente del Comitato. Appello alla politica
Da pochi giorni Alessandra Ceccuzzi guida il Comitato commercianti del centro cittadino. Espressione della famiglia di noti gioiellieri, figlia di quel Bruno che presiede il Distretto del commercio, già a capo dei giovani imprenditori di Confcommercio e attiva nella politica d’impresa in vari ruoli, ora si prende carico di unire i negozianti della zona nobile. «Mettersi in gioco è una vocazione - racconta - e io ce l’ho nel sangue».
La sfida degli esercizi in centro è complessa. Di che cosa avete bisogno?
«Di tante cose. Noi dobbiamo fare sempre più rete, ciascuno deve lavorare per professionalizzarsi, poi però c’è la politica che deve fare un lavoro essenziale, sviluppandolo con noi».
Sarebbe a dire?
«Fare un’analisi seria di cosa si vuole fare da grandi, in maniera da stendere e attuare una sequenza di scelte coraggiose e condivise che indichino la strada».
Lei cosa suggerisce?
«Idee ne ho, ma non le esprimo qui. Perché il punto è iniziare a pensare assieme un progetto complessivo, senza più andare avanti a strappi singoli. Io dico: troviamoci, confrontiamoci, fissiamo una strada e seguiamola. Qualunque percorso, sarà meglio dell’attuale frammentazione».
Ma cosa si aspetta?
«Mi aspetto in primis più unitarietà nella gestione delle varie situazioni. Oggi ci siamo noi che facciamo iniziative e il Comune che, in maniera generosa ma poco organica, propone eventi, iniziative culturali, politiche fiscali, interventi di arredo e soluzioni di sosta e viabilità. Meglio sarebbe stendere un tracciato unitario perché tutto si lega».
Ci fa qualche esempio?
«Sono tanti. Pensiamo ai nuovi arredi di piazza Santa Maria. A me non dispiacciono affatto, ma perché solo lì? Pensiamo alle scelte su via Montebello, che sono forse giuste o forse sbagliate ma slegate da un piano generale. O ancora pensiamo ai parcheggi: personalmente ritengo che non siano pochi se confrontati con città simili, però mancano indicazioni su come trovarli e ci sono percorsi verso il centro che sono indegni. È sul coordinamento delle azioni che bisogna fare molto meglio».
Niente da dire, invece, sulla tassazione dei negozi bustesi?
«Anche lì, siamo in media, anzi forse si paga anche meno che altrove. Ma il punto è capire che ricaduta abbiano questi versamenti sui servizi che riceviamo e sulla burocrazia che ci affligge».
Resta la domanda base: il commercio in centro sta davvero male o viene dipinto peggio di com’è?
«Vetrine che si sono spente non ne mancano ed è facile lasciarsi andare al pessimismo, ma la mia impressione è che si viva spesso una negatività amplificata. Il centro che frequento da anni è anche una realtà piena di attività storiche, di negozi nuovi, di esercizi belli e capaci di eccellere in varie nicchie con la loro qualità. Oltretutto il potenziale da esprimere, se ci diamo obiettivi coraggiosi da raggiungere assieme con la giusta consapevolezza, è davvero enorme».
Fondamentale è l’animazione del nuovo centro...
«Certo che sì. La maxi-pizzeria appena aperta è un elemento di speranza assoluto. Perché bisogna parlarsi chiaro: quel pezzo di città che non è decollato rappresenta un biglietto da visita terribile e controproducente. Non è solo vuoto, ma rappresenta un danno per tutto il resto. Per questo una inaugurazione da quelle parti, fatta con entusiasmo, mi riempie di ottimismo».
Lei è per l’allargamento della zona pedonale?
«In via ideale sì, ma solo a certe condizioni. Farlo così sarebbe un problema, forse un danno. Ma se si attua una vera analisi dei flussi pedonali e di traffico e se, nelle strade che si vorrebbero fare a Ztl, arrivassero arredi gradevoli assieme a una pavimentazione nobile e riconoscibile, allora certo che sarebbe bello. È il discorso dell’inizio: incontriamoci, facciamo un progetto globale e lavoriamo per realizzarlo».
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