I CONTROLLI
Inseguimento col “botto”
I carabinieri fermano due cugini in sella a uno scooter

Da giorni i carabinieri stavano lavorando al caso: un’impennata allarmante di scippi, furti con strappo, rapine che avevano come bersaglio le donne anziane. Quindi soggetti deboli, indifesi, impressionabili.
Ma tra le denunce presentate dalle pensionate ce n’era una molto particolareggiata, in cui veniva indicata la targa dello scooter che i malviventi usavano per i loro raid.
I militari hanno iniziato a dare la caccia al veicolo, predisponendo servizi mirati. Venerdì 23 bagosto il motorino è sbucato da una via di Beata Giuliana: le auto civetta lo hanno bloccato tagliandogli la strada, i due giovani in sella hanno cercato di fuggire ma uno è stato preso dopo dieci metri di corsa, l’altro l’hanno aspettato a casa.
Ammanettati entrambi, per ora rispondono solo dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e ricettazione.
I due cugini - diciottenni da pochi mesi - ieri mattina, sabato 24 agosto, sono stati portati in tribunale per il processo con rito direttissimo chiesto dal pubblico ministero Martina Melita.
Al giudice Veronica Giacoia hanno raccontato una loro versione edulcorata della vicenda, l’avvocato Niccolò Luoni ha chiesto di non convalidare il provvedimento, ma il giudice non ha ritenuto che mancassero i presupposti per eseguirlo.
Uno dei ragazzi è stato comunque rimesso in libertà senza alcuna misura, all’altro invece è stato applicato l’obbligo di firma, così come richiesto dal pm d’udienza Nicoletta Matricardi.
L’aspetto più controverso, che ha concentrato l’attenzione in aula, è il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Perché il cugino che guidava, quando i militari sono sbucati, avrebbe dato un’accelerata allo scooter scagliandolo contro l’auto civetta dei militari.
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