L’INDAGINE
Carni pericolose: chiusa azienda agricola
Macelleria irregolare e salute pubblica a rischio: sigilli alla “Riccato Corrado Bruno” di via Toscana

Sigilli alla macelleria equina di viale Toscana: a metterli, la mattina di oggi, venerdì 17 agosto, sono stati i carabinieri forestali che, coordinati dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio e su ordine del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale cittadino, hanno di fatto chiuso l’azienda agricola Corrado Bruno Riccato, tra le più importanti aziende della Lombardia in fatto di macellazione equina.
Il provvedimento s’è reso necessario - come spiega il procuratore della Repubblica Gian Luigi Fontana - dopo che indagini degli stessi carabinieri forestali, dei Nas e dell’Ats avevano corroborato tre ipotesi di reato con la loro possibile reiterazione: uccisione di animali, detenzione per il commercio di sostanze alimentari nocive e forde nell’esercizio del commercio.
UN’AZIENDA AGRICOLA RINOMATA
La “Riccato Corrado Bruno” è tra le aziende agricole più rinomate della regione per il proprio impianto di macellazione proprio per le carni equine: nel 2017 sono stati abbattuti e macellati 424 capi e quest’anno, nei primi sette mesi si era già a quota 215.
SIGILLI ANCHE AL PUNTO VENDITA
Allevamento, impianto di macellazione, laboratorio di sezionamento e trasformazione e, infine, il punto vendita. Su tutti questi locali sono stati apposti i sigilli del sequestro prevenivo disposto dal Gip. Il motivo?
Nel corso degli anni, il titolare dell’azienda «ha commesso - così l’accusa - numerose, gravi violazioni alla normativa vigente in tema di igiene e salubrità degli alimenti, di corretta tenuta dei registri di stalla, nonché in tema di tracciabilità degli animali macellati».
IRREGOLARITÀ A LUGLIO
Il titolare dell’attività - ora indagato - lo scorso luglio ha abbattuto e macellato, per la vendita, cavalli che non dovevano essere uccisi né destinati al consumo umano, in quanto non se ne conosceva la provenienza, né il ciclo di vita, né, soprattutto, «la sussistenza di eventuali patologie pericolose per l’uomo e l’assunzione di farmaci vietati)» ma anche perché «non erano stati sottoposti alla visita veterinaria dell’Agenzia tutela della salute, obbligatoria prima della macellazione».
Non solo.
SPARITI I MICROCHIP
Gli inquirenti hanno appurato che dalla carcassa degli animali abbattuti «era stata asportata parte della zona cervicale, ove di norma vengono impiantati i microchip che verificano la tracciabilità dei capi».
Alcuni animali erano poi accompagnati da falsi documenti di trasporto e da false certificazioni di provenienza e destinazione.
LA RECIDIVA E IL SEQUESTRO
Già sei anni fa, l’indagato aveva rimediato una denuncia per fatti analoghi ma anche più di recente - spiegano dalla Procura - «organi sanitari e carabinieri avevano riscontrato animali di dubbia, tanto da indurre l’Ats a sospendere l’autorizzazione al macello. Il Gip, però, non ha ritenuto che la mera sospensione potesse da sola impedire la reiterazione del reato e ha dunque disposto il sequestro dell’intera azienda agricola per evitare che possano ripetersi pericoli per la salute pubblica. Oltre all’indagato, gli inquirenti stanno valutando anche la posizione di altri soggetti che avrebbero concorso nei reati e in particolare nella falsificazione dei documenti.
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