L’ARCHIVIAZIONE
Busto Arsizio: «Non fu razzismo»
Smentite le accuse del senegalese licenziato per discriminazione razziale, scagionata l’azienda
Razzismo al lavoro? Il senegalese protagonista della storia raccontata sulla Prealpina del 27 aprile ne è convinto, non a caso il suo era uno sfogo per l’esito della vicenda giudiziaria che aveva denunciato, chiusa con un’archiviazione.
Ma è il provvedimento del gip Piera Bossi a chiarire i termini della questione giuridica: «Dagli atti contenuti nel fascicolo processuale non è ravvisabile alcun profilo di condotta penalmente rilevante in capo al datore di lavoro e ai dipendenti ai danni di Chei Dieng» è la premessa. «Valutato infatti che la narrativa di querela di parte opponente, che descrive un inquietante quadro di crescenti vessazioni e insulti anche a sfondo razziale, trova totale smentita negli stessi elementi probatori asseritamente fondanti le doglianze della parte offesa».
A smentire il quarantottenne licenziato il 4 maggio 2015 ci sono infatti le registrazioni da lui stesso prodotte agli inquirenti per dimostrare il mobbing etnico al quale sarebbe stato sottoposto. «L’ascolto integrale dei colloqui registrati da Dieng all’insaputa degli altri interlocutori consegna al vaglio del giudicante un approccio al lavoratore di totale, quasi amorevole cura e attenzione nel portare a termine un rapporto di lavoro che nel corso degli anni si era deteriorato per le ripetute mancanze agli elevati standard qualitativi aziendali», scrive il giudice. Nessuna discriminazione razziale, anzi a parere del gip i datori di lavoro avevano creato con l’operaio un rapporto quasi familiare. E l’audio, acquisito all’insaputa degli imprenditori e quindi ancor più genuino, lo dimostra: «Le parole nel loro contenuto e nei toni sono del tutto scevre da qualsiasi intento minaccioso o vessatorio e ribadiscono l’affetto degli indagati nutrito per la parte offesa, tanto da cercare una soluzione che gli consentisse di ottenere l’indennità di disoccupazione e di avere una fonte reddituale quasi inalterata anche dopo la fine del rapporto e non prima di aver dato anche un’ultima possibilità di attenersi al rispetto delle regole aziendali che risultano diffuse e conosciute da tutti i dipendenti della ditta». Il pubblico ministero stesso aveva chiesto l’archiviazione ma il senegalese, assistito dall’avvocato Milena Ruffini, aveva deciso di opporsi. «Non si profila nemmeno l’ombra di insulti di sapore razzista, anzi è Dieng che per primo e una sola volta ne fa riferimento dicendo “perché sono nero se fossi stato bianco non sarebbe stato così” all’interno di un atteggiamento a tratti irriverenti». Insomma, proprio l’audio toglie ogni margine di credibilità riguardo alle contestazioni mosse dal dipendente verso i datori.
Si è trattato «di esercizio di un diritto del datore di lavoro a fronte delle plurime e documentate violazione del dipendente, in più accompagnate dalla sollecitazione a rivolgersi ai sindacati».
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