CARCERE
Busto, nuovi guai per la polizia penitenziaria
Difficoltà nella gestione dei trasferimenti dei detenuti negli ospedali

In carcere a Busto Arsizio nulla è ancora cambiato. La visita del ministro Marta Cartabia, occasione per tagliare l’erba e ripulire la facciata, non ha smosso gli ingranaggi arrugginiti. La polizia penitenziaria è sempre sottodimensionata, i detenuti affetti da patologie psichiatriche restano nell’istituto che non ha gli strumenti per trattarli e i turni sono appesantiti proprio dalle esigenze cliniche degli ospiti di via per Cassano.
Lo segnala il sindacato Uilpa penitenziaria con una comunicazione inviata al direttore Orazio Sorrentini, alla Asst Valle Olona e al provveditorato regionale: «I disagi si riscontrano soprattutto nel nucleo traduzioni e piantonamenti che devono accompagnare detenuti impossibilitati a deambulare negli ospedali del distretto», è la premessa del delegato locale Salvatore Scarciglia. Che racconta un episodio che riassume la routine. «Di recente per una visita di 15 minuti di un detenuto in sedia a rotelle, giunti in ospedale di Gallarate, la scorta è stata costretta a restare sul cellulare affinché si potesse reperire un operatore sanitario che lo portasse all’interno. Dopo circa tre ore il caposcorta è stato informato dell’indisponibilità di personale, quindi gli agenti hanno dovuto pensarci da soli. Non è certamente competenza istituzionale e neppure previsto dal modello organizzativo nazionale tale compito che potrebbe compromettere la sicurezza».
Non va meglio neppure quando la destinazione è il pronto soccorso di Busto Arsizio: «Per la scorta e per il detenuto viene messo a disposizione il solito magazzino, un deposito di sedie a rotelle, lettighe, lenzuola, coperte, assi in alluminio. L’attesa a volte si prolunga per ore, i detenuti spesso vanno in escandescenza nello sconcerto degli altri utenti. E noi non abbiamo nessuna corsia preferenziale a differenza di altre forze di polizia che accompagnano un soggetto in stato di fermo», conclude Scarciglia.
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