IL SALASSO
Palaghiaccio incompiuto: Provincia condannata
Il giudice dà ragione al privato che lasciò il cantiere. Risarcimenti per 385mila euro

Il conto da pagare è salatissimo: circa 385mila euro messi in carico alla Provincia di Varese per l’interruzione del cantiere che doveva portare alla costruzione del Palaghiaccio, cuore del Campus sportivo di Beata Giuliana, quello stesso che proprio in queste settimane vede il Comune protagonista dell’ennesimo tentativo per dare un senso a questa incompiuta.
Ma i fatti su cui si è espressa la Corte di Appello di Milano, confermando il precedente pronunciamento di primo grado, risalgono al 2010, quando la Steda Spa, società incaricata di costruire l’impianto sportivo al centro del parco dello sport, abbandonò l’area di lavoro e risolse il contratto d’appalto lamentando una serie di ritardi e inadempimenti commessi da Villa Recalcati, a quei tempi a guida leghista.
Seguirono polemiche, scambi di accuse, soprattutto si generò un lungo periodo di stop all’azione degli operai, sfociato solo anni dopo nella decisione di trasferire la competenza sul Palaghiaccio (con i soldi per terminarlo) all’amministrazione comunale.
Ma, appunto, in Tribunale la Steda (poi fallita) trascinò l’ente provinciale per chiedere un risarcimento dei danni subiti.
Il primo verdetto arrivò nel gennaio del 2016, con il giudice di Varese che richiamò il principio secondo cui «quando le parti si addebitano inadempimenti reciproci o una di esse contrasti la domanda di risoluzione avversaria giustificando la propria inadempienza con quella dell’altro contraente, compito del giudice è quello di procedere a una valutazione unitaria e comparativa dei rispettivi comportamenti».
Ebbene per la Corte da questa valutazione emerse che aveva ragione il privato e che la Provincia dovesse rifondarlo in basevarie voci, fra cui le principali sono 186mila euro per ridotta produttività, 49mila per mancato utile, 77mila per i maggiori oneri sostenuti dall’impresa, 21mila per gli oneri di sicurezza e 32mila come lucro cessante».
L’ente pubblico ha provato a impugnare la sentenza, ma in Appello l’esito è stato identico. Tant’è che l’Avvocatura ha sconsigliato di ricorrere in Cassazione, spiegando che «secondo il giudice, durante la fase di adeguamento del progetto alla sopravvenuta normativa antisismica, la Provincia di Varese avrebbe dovuto sospendere l’esecuzione dei lavori.
La mancata sospensione avrebbe quindi determinato un rallentamento dell’attività produttiva idoneo a giustificare la risoluzione del rapporto contrattuale.
La Corte ha invece ritenuto meno grave, rispetto al predetto inadempimento, l’abbandono del cantiere da parte di Steda».
Insomma, la ditta aveva ragione e alla giunta guidata da Gunnar Vincenzi - assolutamente incolpevole per fatti avvenuti ben prima del suo insediamento - non è rimasto che sancire la resa, rinunciare ad ogni ulteriore ricorso e pagare.
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