RAPINA AL BENZINAIO
«Potevano ucciderlo ma sono stati onesti»
Depositata la sentenza del caso Lepri, che tanto ha fatto discutere per la condanna a 8 e 7 anni di Fattobene e Vita. Ora il gup Limongelli illustra come abbia inciso la condotta processuale

Dopo le recriminazioni della moglie di Marco Lepri, delusa dalla condanna ai rapinatori del marito, arrivano le motivazioni della sentenza pronunciata il 20 giugno dal gup Giuseppe Limongelli.
Lineare nella ricostruzione dei fatti e chiara nella quantificazione della pena, ossia otto anni a Maurizio Fattobene e sette ad Antonio Vita a fronte dell’accusa di tentato omicidio. «Le attenuanti generiche andavano concesse seppure in equivalenza con le aggravanti - stante la gravità evidente dell’azione criminosa - alla luce dell’onesto comportamento processuale degli imputati che in particolare nulla hanno frapposto alla qualificazione del reato di tentato omicidio», scrive il giudice, che ha accolto la richiesta del pubblico ministero Nadia Calcaterra.
Aprendo un capitolo ampio: la differenza tra il reato contestato e quello di lesioni gravi, norme incriminatrici diverse che però spesso si avvicinano lasciando spazio ai difensori di puntare alla derubricazione dell’accusa. Gli avvocati Francesca Binaghi e Antonio D’Amelio non hanno battuto ciglio al riguardo, consentendo così agli inquirenti - e alla parte civile Lepri, rappresentata dall’avvocato Carlo Alberto Cova - di arrivare in tempi rapidissimi a una definizione certa del processo. In ogni caso a parere del gup dubbi sull’imputazione non ce n’erano. E non tanto perché i tre proiettili esplosi da Fattobene provocarono lesioni al pnemumotorace destro, la lacerazione della parete gastrica, del piccolo intestino, del meso ileale e la frattura dell’ala sacrale destra. Ma perché «i colpi non furono sparati verso il basso e verso le gambe, ma verso l’alto. Poco importa se verso il gluteo come disse Fattobene: non erano le gambe. Quindi si è assunto il rischio di uccidere Lepri».
Mirare i glutei denota la volontà - o la consapevolezza - di uccidere, insomma. Il legale Cova aveva concluso la sua discussione chiedendo l’esclusione delle generiche, condanne a dodici anni per entrambi e il risarcimento del danno al benzinaio, con una provvisionale di 150mila euro. Il giudice ha stabilito alla fine una provvisionale immediatamente esecutiva di 20mila euro. E spiega il motivo: «Va chiarito che il denaro in sequestro - ossia il bottino della rapina - venne restituito a Lepri. Gli imputati vanno genericamente condannati a risarcire il danno patito dalla vittima. Non è possibile procedere in questa sede alla liquidazione del danno stante le richieste risarcitorie della parte civile che impongono una specifica consulenza medica da espletarsi nell’eventuale giudizio civile».
Ora le parti decideranno se ricorrere in appello.
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