LA STORIA
Profughi nella “Busto bene”
Grazie a Combinazione Onlus sette ragazzi della Guinea e una famiglia di camerunesi ospiti di appartamenti in zona Frati

Non se ne parla ed è lecito pensare che di richiedenti asilo a Busto non ce ne siano più. Se per la maggior parte è vero, una decina però resiste, divisa in due appartamenti gestiti da una Onlus, che ancora nonostante tutto crede nel progetto di accoglienza iniziato tre anni fa.
Un caso più unico che raro in città come in provincia di Varese, dal momento che, scremati i casi speculativi ben noti alle cronache bustocche, molte cooperative rinunceranno al prossimo bando ministeriale biennale, che abbatterà della metà i contributi: da 35 euro a persona a 18, sempre comprensivi di tutto, dal cibo al costo del personale.
«Da un lato dovremo tagliare, dall’altro faremo affidamento sulla generosità delle offerte private. Pure prevedendo una perdita dai 500 ai mille euro mensili, riusciremo comunque a garantire gli standard minimi di un progetto di accoglienza, in cui crediamo», spiega Samuele Gallazzi, presidente di Combinazione Onlus, la cui storia inizia nel 2007.
«Nascemmo per promuovere progetti di cooperazione internazionale in Africa e America Latina. Decidemmo poi di instradare progetti di accoglienza qua in Italia, sull’onda dei numerosi sbarchi. L’emergenza era alta e il prefetto fu ben felice della disponibilità.
Nel 2016 iniziammo con un appartamento all’inizio di corso 20 Settembre, che ospita ancora sette ragazzi della Guinea. Dal momento che l’appartamento si trova in un condomino di pregio, dove ha casa molta della Busto bene, una volta informati i condomini delle nostre intenzioni, venne indetta un’assemblea straordinaria per impedircelo. Tuttavia, non era nelle loro possibilità dettare legge in casa nostra e il progetto venne avviato con esiti positivi anche per i rapporti di corretto vicinato. In tre anni, solo un paio di volte ci hanno segnalato rumori notturni».
La scorsa estate, si è aggiunto un secondo appartamento in viale Stelvio, ospite una famiglia di tre camerunesi in fuga da persecuzioni etniche: «Sia la famiglia che i sette guineani sono in attesa che l’iter amministrativo per l’ottenimento dello status di rifugiati faccia il suo corso. I secondi stanno affrontando i ricorsi. Che il permesso venga riconosciuto o negato, dovranno quindi abbandonare l’appartamento. A quel punto ne prenderemo altri sette, prevedendo che ce ne sarà molto bisogno.
Anche se a qualcosa dovremo rinunciare, continueremo a seguire un modello, fatto di corsi di italiano e tirocini lavorativi dagli ottimi riscontri. Uno dei sette, per dire, lavora regolarmente come gommista in un’autofficina. Se riusciremo a farci bastare i 18 euro sarà perché da un lato siamo una piccola realtà, senza alti costi di gestione, dall’altro perché possiamo contare su volontari e benefattori.
Ci piacerebbe poi anche organizzare incontri come abbiamo fatto nelle parrocchie. Magari uscendo dall’ambito cristiano e cattolico, meglio disposto verso di noi. Saremo ingenui, ma continuiamo a credere che a conoscere le cose e le persone, anche il leghista medio potrà vederci meno con il fumo negli occhi».
© Riproduzione Riservata