IL PROCESSO
Busto: si finge donna, condannato
Dalla Calabria mandava foto hot a due bustesi ed estorceva loro denaro

Un trasformista della tastiera: prima si finge donna e circuisce un bustese conosciuto su un sito di incontri, gli manda foto porno e se le fa mandare. Dopo poco parte con la minaccia: «Se non mi paghi invio tutto alla tua fidanzata e ti rovino la vita». Poi mette in scena la morte della donna e ricontatta il bustese presentandosi come l’amica della defunta - avvocato per giunta - che ha bisogno di denaro per pagarle il funerale. Dopo di che cambia ancora identità e scrive all’uomo qualificandosi come maresciallo impegnato nelle indagini sul decesso della misteriosa donna. In tutto 10mila euro, intascati con un impegno risibile, seduto davanti a un monitor con il mare di Bonifati all’orizzonte.
Ma per il trentaquattrenne calabrese la pacchia non è durata a lungo: il bustese, assistito dall’ avvocato Roberto Aventi, a settembre dell’anno scorso denunciò i fatti al commissariato di via Foscolo e alla polizia postale di Varese e a ottobre venne arrestato in Calabria. Ieri mattina, martedì 15 febbraio,il processo davanti al gup Stefano Colombo: il trentaquattrenne è stato condannato a quattro anni con rito abbreviato sia per l’estorsione sessuale da cui partì l’indagine che per un fatto identico di cui, nello stesso periodo, era stato vittima un gallaratese, vicenda emersa scavando sul caso di Busto Arsizio.
LA FINZIONE
Tutto iniziò con l’annuncio pubblicato dall’imputato - pregiudicato che in quel momento era sottoposto a obblighi di sorveglianza - che si era creato l’identità femminile a cui buona parte dei maschi anela: bellissima, aperta di vedute, provocante e in cerca di avventure sessuali senza impegno. Il bustese ci cascò, si presentò all’incontro ma la donna non si fece viva. In compenso iniziarono i ricatti: «So tutto di te, svelo i tuoi segreti alla famiglia, alla fidanzata, ai tuoi amici, devi pagare il mio silenzio». E poi tutte le altre pantomime, fino a quando la vittima ha detto basta.
LE INDAGINI
Le indagini - coordinate dal pubblico ministero Susanna Molteni - hanno smascherato il calabrese che era riuscito a nascondersi dietro a una coltre di prestanome e di carte ricaricabili sulle quali confluivano i soldi del bustese, intestate a terzi più o meno inconsapevoli. I passaggi di denaro sono stati ricostruiti minuziosamente e a metà ottobre il gip Tiziana Landoni ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare eseguita nel carcere di Paola, in provincia di Cosenza. Ieri al termine della requisitoria il pubblico ministero Martina Melita ha chiesto quattro anni di pena e tanti ne ha inflitti il giudice Colombo, liquidando anche 15mila euro alla parte civile costituita con l’avvocato Aventi.
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