FERROVIA
Si rianima la stazione
Presenze in crescita ma molte meno rispetto al pre-coronavirus. Tanti sul treno con la bicicletta
L’impatto non è paragonabile ai tempi precedenti la quarantena e più d’uno, nell’osservarlo, avrà aggiunto: «Meno male». Qualcosa di nuovo però un pendolare l’avrà pure avvertito arrivando ieri, lunedì 18 maggio, di prima mattina alla stazione Fs di Busto Arsizio.
Già dall’ampio piazzale antistante con parcheggio, il dubbio era quello del bicchiere: «Mezzo pieno o mezzo vuoto?», l’irrisolto dilemma. Mancava una manciata di minuti alle 7 e di auto se ne contavano circa 40; altrettanti erano i posti vuoti.
Due settimane fa, le dita di una mano sarebbero bastate anche per i taxi. La novità maggiore doveva però arrivare in sella e scendervi alla garibaldina.
Neanche il tempo di realizzare e un altro usciva pedalando dall’ingresso principale dove sono le biglietterie. A ruota un secondo, appiedato, trascinava a lato la sua bicicletta, ci saliva e si avviava chissà dove. Facevano tre in meno di un istante e non era che l’inizio.
In attesa del treno per Porto Ceresio, sul primo binario, al suo primo giorno di lavoro da febbraio era l’addetto al bar interno dell’Esselunga di Masnago. Poca voglia di darla a intendere, molta perplessità e una sfiducia difficile da domare riguardo alle nuove norme sulla distanza: «Vedremo come organizzarci».
Al secondo binario, dove al solito transitano i treni merce, erano un convoglio in sosta e il capotreno che dava indicazioni al capostazione: «Lo utilizzeremo in caso di necessità, per evitare il sovraffollamento dei treni in arrivo», spiega quest’ultimo, di nome Luigi, che in quanto a colpo d’occhio non ha dubbi.
«Se penso alla scorsa settimana già vedo parecchia gente in più e più movimento, decisamente più movimento. Si comincia a ripartire», assicura. In effetti, ad attendere quello per Milano saranno stati in venti (almeno il doppio rispetto alla dozzina che inaugurò la seconda fase 2) e circa un terzo s’accompagnava alla bicicletta.
Nessuno la legava a qualche palo, o ringhiera, che pure essendo inviti a nozze per i malintenzionati restano soluzioni obbligate fintanto che la nuova velo stazione resterà chiusa com’è incomprensibilmente chiusa da tre anni, ossia da sempre.
L’unica scelta sensata è di caricarle sul treno così da non darsi l’angoscia e risparmiare sul biglietto del metrò o del tram, una volta a Milano. Era ciò che facevano tutti, molto ordinatamente e con la velocità tipica del bravo ciclista. Tanti ne salivano e tanti ne scendevano, bici alla mano.
A scendere era anche un monopattino, più pratico per certi versi e meno ingombrante. A giudicare dal modello, anche di recente acquisto.
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