BUSTOLOGIA
«Noi rider, sempre pronti a partire da piazza Garibaldi»
Tre ciclo-fattorini raccontano alla Prealpina la loro routine quotidiana. Il punto di ritrovo è davanti al fast food del centro, da dove possono arrivare fino a cento ordini al giorno
Sfrecciano ogni giorno per le nostre vie, con zainoni colorati e caschi in testa. Sono i rider, i fattorini del cibo a domicilio che ci salvano la cena, o danno un senso alla nostra pausa pranzo in ufficio. Ma perché, a Busto Arsizio, questi lavoratori infaticabili si accalcano in piazza Garibaldi, sotto ai portici del McDonald’s o intorno alla fontana? Cosa ci fanno qui, tutte le sere o quando scocca il mezzogiorno? È anche per rispondere a queste domande che Prealpina ha pedalato a propria volta in questo mondo, cercando di scoprire da vicino chi rende possibile una parte ormai preponderante della nostra quotidianità.
SEMPRE PRONTI
«Sono un rider da tre anni», racconta Cheema, che vive in città dal 2017 ma è originario del Pakistan. È da lì che vengono anche Kamran e Tasleem, rispettivamente in Italia da 6 e 7 anni, e a Busto da un mese il primo, da 4 anni il secondo. La loro routine lavorativa prevede in media dalle 8 alle 12 ore al giorno, ma non facciamoci illusioni: i rider non timbrano un cartellino all’ingresso e all’uscita, né ricevono uno stipendio calcolato su base oraria. Le loro paghe dipendono unicamente dal numero di consegne, e gli “orari di lavoro” di cui parlano assomigliano più a fasce di reperibilità che a turni veri e propri. Con la differenza che, nel loro caso, la reperibilità non ha valore remunerativo.
CORSA CONTRO IL TEMPO
Chi vive a Busto da più tempo, come Cheema, racconta che nelle giornate tranquille riesce a fare una decina di consegne, mentre in quelle più intense può arrivare anche a 17 o 19. Diversa la situazione di Kamran, che fino a luglio abitava a Rescaldina: lui parla di un massimo di 7 consegne nei giorni feriali, che diventano 10 solo nel fine settimana. Tutto passa dalle app delle piattaforme di delivery: è lì che ai dipendenti arrivano le proposte di consegna e i pagamenti, senza vincoli di esclusiva. I rider infatti lavorano per più piattaforme allo stesso tempo, prendendo ordini da tutte quelle attive sul territorio. Le tariffe per singolo incarico oscillano: si parte da un minimo di circa 3 euro e mezzo per gli ordini interni a Busto Arsizio, fino a toccare i 10 euro quando le distanze si allungano. Come spiega Cheema, «il compenso non è mai veramente fisso ma varia anche in base alla disponibilità degli altri rider». Se la piattaforma propone una consegna lontana o sotto la pioggia, il singolo corriere può rifiutare; l’ordine passa così ad altri, e se nessuno accetta la cifra offerta, l’azienda è costretta ad alzare la paga per garantire puntualità a chi aspetta il proprio cibo.
IL RIFIUTO
«Quando mi mandano lontano per pochi soldi, io rifiuto», spiega Cheema, aggiungendo che «per 8 euro posso accettare di andare fino a Magnago». Il ritrovo davanti al McDonald’s di Busto non è casuale: i sistemi di delivery assegnano le consegne a chi si trova più vicino al ristorante da cui parte l’ordine, e Busto, con i suoi 84mila abitanti e la sua centralità, è il punto più strategico della zona. Non a caso, Cheema stima che da qui partano «circa 100 ordini al giorno», un volume che rende conveniente stazionare proprio lì, in attesa della prossima corsa.
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