Velostazione chiusa, il ladro fa festa
Ogni giorno è caccia al posto migliore: i mezzi sono legati ovunque, ma i furti in un anno sono stati oltre 300
Il tunisino seduto sulla panchina ci osserva mentre guardiamo le carcasse di biciclette disseminate sul piazzale della stazione Fs: «Sei uno sbirro?», domanda a bruciapelo. «No, un giornalista». E allora si scioglie: «Sono dei bastardi. Io forse ho capito chi sono. A me ne hanno rubate due di biciclette. Prima o poi li prendo».
Che la sua sia rabbia o teatro, visto che sollecita una mancia per l’informazione, non possiamo stabilirlo. Certo è la testimonianza rafforzativa di un saccheggio continuo di due ruote nella zona dei binari di piazza Volontari della Libertà. Non sorprende che ciò accada dove partono treni che portano lontani i proprietari dei mezzi a pedali, lasciando gli stessi incustoditi per ore. Sorprende semmai che ormai da anni non esista uno spazio in cui lasciarli con qualche garanzia di protezione in più. Peggio: la velostazione esiste, è pure bella a vedersi, ma è inspiegabilmente chiusa.
Da sempre si susseguono appelli e pressioni da parte dei pendolari-ciclisti ma la situazione non si sblocca. La struttura posta accanto al bar non apre. E gli utenti non possono far altro che arrivare ogni mattina, cercare il paletto giudicato più esposto al passaggio di gente, affrancare il telaio con la catena, farsi il segno della croce e salire in carrozza. Poi la sera, al ritorno a Busto, si vedrà se sia stata una giornata clemente oppure no.
Fatto sta che la situazione non è normale e non è neppure bella da vedere. Perché ogni giorno è un’invasione di pedalatori che danno la caccia al posto migliore e ogni giorno si conta qualche sparizione. In un anno ne saranno avvenute circa 300.
I più mattinieri arrivano in bici fin sulla banchina e incatenano il mezzo ai pochi punti d’affranco disponibili, come l’ambita ringhiera che circonda le scale che portano ai sottopassi. Quindi c’è l’assalto esterno, attorno alla statua di Enrico Dell’Acqua. Una manciata di posti nella rastrelliera, poi via all’occupazione di cartelli stradali e pubblicitari, pali della luce, altri appigli sparsi. Non ci sono bici di gran valore in quella zona, usarle sarebbe un invito a nozze per i ladri e un suicidio per i proprietari.
Già tanti spazi sono occupati da carcasse di mezzi spolpati e fatti a brandelli. Senza ruote. Su uno dei “cadaveri” c’è chi ha avuto l’idea di appiccicare un annuncio in cui si offre come svuota cantine, d’altronde in questo modo il manifesto ruba l’occhio e c’è da star certi che passeranno mesi prima che qualcuno rimuova gli avanzi del saccheggio. Altre bici sono francobollate dai pendolari sulle strade oltre i binari, la via Palermo e limitrofe, sfruttando le cancellate dei palazzi, con buona pace dei residenti che protestano. Non c’è stastistica in grado di dire se questa strategia, nella ricerca di zone più al riparo dai furti, sia quella premiante. Non serve invece statistica per rendersi conto che questa situazione, con una velostazione nuova ma sbarrata, sia una follia.
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