LA TESTIMONIANZA
«Don Isidoro salvò nostra zia»
Il racconto di due sorelle bustesi assume un ruolo importante nel processo di beatificazione del sacerdote ucciso nel 1991

Era una notte di marzo, ventisette anni e mezzo fa. Due sorelle di Busto, oggi avanti con gli anni, dormivano nelle loro stanze, quando armadi e porte cominciarono a sbattere all’improvviso, creando un frastuono terribile, quasi fosse un terremoto. Le due si alzarono di soprassalto, tutto si fermò nella casa, guardando fuori dalla finestra notarono che c’era calma, nessun segno di sconvolgimento né di agitazione.
Corsero al piano di sotto dall’anziana zia malata, la trovarono caduta a terra e agonizzante. E fecero in tempo a chiamare i soccorsi per salvarla. La donna non ebbe dubbi nello spiegare cosa fosse successo: «Ho pregato tanto don Isidoro, è stato lui a chiamarvi».
Per le due donne, anche tanti anni dopo, non ci sono dubbi: «Fu un miracolo».
Per l’associazione Amici di don Isidoro Meschi - che da anni tramanda la storia e i valori del prete buono bustocco ucciso da uno dei tanti ragazzi che aiutava il 14 febbraio 1991 (un mese prima di quell’episodio) - la parola «miracolo» non si può pronunciare. «Ma è stato un evento straordinario, che testimonia come ci siano state persone che hanno sempre riposto in lui una fiducia speciale».
Fatto sta che la testimonianza delle due bustesi, messa nero su bianco in una lettera ufficiale consegnata da poco tempo al gruppo devoto a don Lolo, costituisce oggi l’ennesima e forse più significativa storia che potrà costituire un tassello speciale nella causa di beatificazione che in tanti sperano si possa presto avviare ufficialmente. Il percorso in realtà è già stato imboccato da otto anni: l’analisi preliminare sottoposta a monsignor Ennio Appeciti, consultore delle cause dei santi per la diocesi, ha ricevuto un primo imprimatur dall’arcivescovo Angelo Scola, apposto a una preghiera dedicata al sacerdote nato a Merate nel 1945 e operante a Busto per tanti anni, fino a quel tragico giorno di San Valentino.
Nel tempo è stato individuato un possibile postulatore, colui cioè che dovrà riesaminare tutto il materiale raccolto nel tempo, ed ora spetta al nuovo arcivescovo Mario Delpini decidere se e quando dare il via all’indagine vera e propria, quella che potrebbe portare al riconoscimento di questa figura certo carismatica da parte della Chiesa, seguendo tutti quei passaggi richiesti dalla prassi e che mettono certamente la «pazienza» come elemento fondamentale, utile per capire se quel «profumo di santità» che tanti hanno sentito quando hanno conosciuto il sacerdote bustese, abbia comunque resistito al passare del tempo.
A Busto ciò è avvenuto, ancora oggi si percepisce un sentimento popolare di ammirazione e di riconoscenza fra chi è entrato in contatto con il don, siano gli ex studenti e i colleghi insegnanti ai tempi delle scuole Bossi e del liceo Crespi, i tanti parrocchiani a cui stava vicino nelle difficoltà, oppure i ragazzi e i collaboratori della comunità per tossicodipendenti Marco Riva, che tanto volle e a cui si dedicò. Don Isidoro Meschi, che fu anche direttore del settimanale “Luce”. Non lasciò mai indietro nessuno. Neppure Maurizio Debiaggi, il giovane con problemi psichici che cercò di aiutare in ogni modo e che ventisette anni e mezzo fa lo pugnalò a morte.
Al suo funerale, alla basilica di San Giovanni, parteciparono migliaia di persone. A guidare la funzione con altri 150 sacerdoti fu il cardinale Carlo Maria Martini, che lo ricordò paragonandolo a un santo: «Chissà che egli non diventi un giorno un segno per tutta la Chiesa, facendo parte della sua santità». Ora quel momento, anche grazie a questo «evento straordinario» raccontato e certificato dalle due sorelle, potrebbe essere molto più vicino.
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