TRIBUNALE
La Procura di Busto chiede i domiciliari per Irene Pivetti
Il Riesame dovrà decidere sulla competenza territoriale dell’indagine sulle mascherine

Con l’accusa di evasione fiscale e autoriciclaggio l’ex presidente della Camera, Irene Pivetti, è stata mandata a processo a Milano per alcune operazioni che, si ipotizza, sarebbero servite per ripulire denaro frutto di illeciti fiscali. Intanto, domani mattina, mercoledì 22 marzo, sempre a Milano, c'è un altro procedimento a carico di Irene Pivetti. E’ stata fissata l'udienza davanti al Tribunale del Riesame per discutere l'appello avanzato dalla Procura di Busto Arsizio contro il rigetto da parte del gip della misura cautelare degli arresti domiciliari. Arresti chiesti dal pm Ciro Vittorio Caramore nell’inchiesta in cui l’allora terza carica più importante dello Stato risponde di frode nell’esercizio del commercio e frode in pubbliche forniture: attraverso la Only Italia, durante la prima ondata di Covid, avrebbe importato dalla Cina 15 milioni di mascherine ritenute non conformi e destinate alla Protezione Civile per 30 milioni di euro. Un caso che nel 2020 aveva dato il via a una indagine, scattata a Roma, passata per Milano e approdata infine a Busto Arsizio.
A GIUDIZIO
Tornando all’accusa di evasione fiscale e autoriciclaggio, la decisione di mandare a processo Irene Pivetti ha chiuso l’udienza preliminare davanti al gup Fabrizio Filice il quale, oltre alla ex parlamentare e ora operatrice in una mensa sociale, ha disposto il rinvio a giudizio anche per il pilota di rally ed ex campione di Gran Turismo Leonardo Leo Isolani, la moglie Manuela Mascoli, la figlia di lei Giorgia Giovannelli, il notaio Francesco Maria Trapani e un altro imprenditore, Candido Giuseppe Mancaniello.
IL COMMENTO DEL DIFENSORE
«Questa vicenda è talmente complicata - è il commento di Filippo Cocco, difensore di Pivetti - che non può che trovare in aula la soluzione. Siamo certi che dimostreremo la liceità delle operazioni effettuate».
Nell’inchiesta, coordinata dal pm milanese Giovanni Tarzia e condotta dal Nucelo di polizia economico finanziaria della Gdf, viene ipotizzato un ruolo di intermediazione di Only Italia, società riconducibile a Pivetti, in operazioni del 2016 del Team Racing di Isolani, che voleva nascondere al Fisco (aveva un debito di 5 milioni) alcuni beni, tra cui le tre Ferrari. Le auto sarebbero state al centro di una finta vendita al gruppo cinese Daohe per poi, invece, essere trasferite in Spagna, dove ci sarebbe stato il tentativo di venderle.
LA RICOSTRUZIONE
L’unico "bene effettivamente ceduto, ovvero passato" ai cinesi, ricostruisce il capo di imputazione, sarebbe stato "il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari". Se lo scopo di "Isolani e Mascoli" era quello "di dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli" all’Erario, "l'obiettivo perseguito da Irene Pivetti" sarebbe stato quello "di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona": per la Procura l’ex presidente della Camera, che lo scorso settembre si è vista confermare dalla Cassazione il sequestro di 3 milioni di euro, avrebbe comprato il marchio per 1,2 milioni di euro per poi rivenderlo alla società cinese a "10 milioni". Ora la vicenda verrà vagliata da un collegio di giudici: il prossimo 13 giugno si aprirà, infatti, il dibattimento davanti alla quarta sezione penale del Tribunale.
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