IL CASO
Busto, maltratta la figlia cieca: «Ti meriti la malattia»
Il padre padrone va a processo a luglio

Alla sfortuna di essere cieca, si è sommata quella di avere un padre svilente. Una vita davvero difficile quella della cinquantenne che ha portato il genitore davanti al gup Stefano Colombo con l’accusa di maltrattamenti in famiglia.
Il settantacinquenne è stato rinviato a giudizio, il dibattimento si aprirà a luglio davanti al giudice Francesca Roncarolo, la donna - assistita dall’avvocato Roberto Craveia - si è costituita parte civile.
Era dal 2020 che la cinquantenne subiva vessazioni e umiliazioni aggravate dalla colpevolizzazione per aver perso la vista. «Ti sei meritata la malattia, sei una fallita, buttati dal ponte» la rimproverava il papà. Dagli accertamenti disposti dal pubblico ministero Valeria Spinosa è emerso un quadro di grande sofferenza che si ripercuoteva anche sulla mamma della vittima. Non passava giorno senza che il padre le dicesse «ridicola, fatti curare, sei pazza». E ancora «vi sbatto fuori di casa, ti mando a vivere sotto un ponte, me la pagherete cara».
Ad agosto del 2020, sfinita dalle persecuzioni, la cinquantenne si rivolse ai carabinieri e raccontò innumerevoli episodi di violenza gratuita, motivata solo dal fatto che il settantacinquenne si sentisse padrone della vita altrui. Nessuno si era mai accorto delle tensioni familiari, non erano mai intervenuti i servizi sociali, padre, madre e figlia erano sconosciuti sia al Cps che al Sert, le forze dell’ordine prima di quell’anno non si erano mai viste girare dalle loro parti. A quanto pare però l’uomo viveva da solo in un’ala dell’abitazione comune, indice a quanto pare di un deterioramento dei rapporti. In primavera iniziarono ad arrivare telefonate al 112 sempre più frequenti: il padre trovava ogni pretesto per infastidire la figlia invalida che sempre più intimorita chiedeva aiuto ai carabinieri. Il padre le faceva continue telefonate, sferrava pugni alle porte, piazzava la macchina davanti al garage per impedire alle due donne di uscire di casa, le ricopriva di contumelie tutte le volte in cui si affacciavano negli spazi comuni. «Tua madre non ti voleva, non sei nemmeno in grado di procurarti un marito e di avere figli».
Il 25 luglio di tre anni fa l’imputato avrebbe addirittura bloccato l’auto davanti all’ingresso con il motore acceso, quasi come volesse saturare l’abitazione con il gas di scarico. Gli inquirenti hanno sentito parenti e conoscenti del nucleo familiare e hanno acquisito anche i diari a cui la vittima affidava i suoi sfoghi, a maggio dell’anno scorso la cinquantenne è stata riascoltata dagli investigatori e ha confermato tutto quanto era già stato verbalizzato nel 2020, aggiungendo che i comportamenti del genitore erano ancora allarmanti, dunque il pubblico ministero Spinosa ha proceduto con la richiesta di rinvio a giudizio.
Il settantacinquenne, difeso dall’avvocato Andrea Brumana, respinge però le accuse e intende dimostrare la sua innocenza in dibattimento.
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