LA SENTENZA
Tempi lunghi e lacune: prosciolti i narcotrafficanti
Busto Arsizio: i due erano imputati nell’operazione Vecchia Guardia

Erano i superstiti della vecchia guardia, trafficanti di hashish che tra il 2014 e il 2016 avevano importato stupefacenti dalla Spagna e dal Marocco, con un volume di affari di circa 100 chili al mese tra fumo e marijuana. Vecchia guardia era proprio il nome scelto per l’operazione coordinata dal pubblico ministero Francesca Parola perché dell’organizzazione facevano parte anche i dinosauri della criminalità locale. La maggior parte di loro aveva già chiuso la vicenda processuale, mancavano solo i due imputati comparsi ieri, mercoledì 25 settembre, davanti al gup Anna Giorgetti: difesi dagli avvocati Ermanno Talamone e Amanda Gugliotta sono stati completamente prosciolti. Alcuni fatti di spaccio contestati erano ormai prescritti, altri però avevano l’aggravante dell’ingente quantitativo e quindi il tempo di decorrenza sarebbe stato più lungo ma negli atti c’era una lacuna incolmabile: mancava sia la sostanza che la consulenza tossicologica, elementi imprescindibili per sostenere l’accusa.
LA “DROGA PARLATA”
Non c’erano perché si trattava di «droga parlata», così è chiamato dagli investigatori lo stupefacente la cui esistenza è documentata solo dalle intercettazioni telefoniche. L’avvocato Talamone ha tirato fuori la sentenza della Cassazione che lo stabilisce e il giudice ha accolto la tesi difensiva. Dopo cinque anni dagli arresti e nove dal periodo di attività dei protagonisti l’epilogo è stato condiviso anche dallo stesso pubblico ministero Parola.
IL SEQUESTRO
I carabinieri erano riusciti a sequestrare circa sessanta chili dell’hashish che veniva rivenduto all’ingrosso tra le province di Varese e di Milano. La banda aveva adottato un sistema un po’ naïf per eludere gli investigatori, ossia una sorta crittografia. Bastava che uno scrivesse un messaggio con una parola in apparenza senza senso, per esempio «bsleurriium» (sic!), e gli altri si attivavano per la decifrazione e i passi da compiere per reperire la sostanza. Pensavano fosse sufficiente a confondere gli inquirenti, ma per essere ancor più sicuri spesso si chiamavano dalle cabine telefoniche. A due dei soggetti che avevano già definito la loro posizione davanti al gup Veronica Giacoia era contestata l’importazione di due carichi di particolare rilevanza: 1.190 chili di hashish sequestrati dalla guardia di finanza di Pavia a Legnano, nel 2016 e altri 70 trovati a Novi Ligure sempre nello stesso anno.
L’INCHIESTA
Il lavoro dei carabinieri era partito da una più ampia inchiesta iniziata nel 2013 che però si era inceppata in punto di misure cautelari, concesse dal gip ma annullate dal tribunale del riesame che aveva ravvisato, nell’estensione delle ordinanze, il metodo del copia e incolla. Il gip, in poche parole e secondo l’interpretazione dei suoi colleghi milanesi, avrebbe ricalcato in toto la richiesta del pubblico ministero senza valutazioni autonome o considerazioni fattuali. E così vennero tutti liberati e qualcuno sparì dalla circolazione. Dovettero comunque affrontare il processo, che si concluse con una condanna a quattro anni e quattro mesi e una serie di patteggiamenti.
© Riproduzione Riservata