PALAGINNASTICA
«Dopo 6 anni di nulla, io lascio»
Il nuovo impianto non parte, il tecnico Rino Scala annuncia le dimissioni

Quell’errore di calcolo commesso dagli uffici comunali nella predisposizione del bando - un errore che ha costretto a ritirare l’incarico a una società di progettazione pronta a disegnare il nuovo Palaginnastica, facendo sfumare le tempistiche di realizzazione dell’impianto a Beata Giuliana - per Rino Scala ha il sapore del colpo di grazia. «Ora basta. Finisco questa annata sportiva e mi dimetto. Non ce la faccio più», sbotta il 67enne allenatore della Pro Patria Bustese, tecnico di tante generazioni di sportivi e di campioni, oggi coordinatore di un club che conta 671 iscritti.
Ragazzi e ragazze radunati da sempre nell’indegno sottoscala di via Ariosto, nell’eterna speranza di trovare una casa vera, per poter finalmente sentirsi in una palestra e non in una cantina.
Scala, davvero si dimette?
«Sì, stavolta sì. Quest’ultima vicenda che fa slittare ulteriormente i tempi di realizzazione del Palaginnastica mi ha fatto cadere le braccia. E non soltanto quelle...».
Ma il sindaco Antonelli dice che si farà lo stesso, inserendo la realizzazione nel progetto dei privati per palaghiaccio e centro feste...
«Ho letto, lo ringrazio, ma io non ci credo più. Sono sei anni che si parla di questa storia e non cambia mai niente. Ho dubbi che si possa davvero fare l’operazione che dice, e poi che tempistiche reali ci sono? Non ho capito: arrivano i privati e ci fanno l’impianto subito? Se volete ci spero, ma preferisco lasciar perdere».
Ma perché tutti in società ripetete di non farcela più?
«Perché in via Ariosto siamo al culmine del degrado, della confusione, del lavoro fatto male nonostante tutto, del rischio che nel marasma quotidiano succedano degli infortuni. Più di 600 ragazzi in un sottoscala non ci stanno più».
Non riuscite a resistere ancora per un po’?
«Abbiamo pazientato tanto, eravamo pronti a farlo ancora. Adesso chi ci crede più? Venga il sindaco un giorno a vedere in che condizioni siamo».
Cosa troverebbe?
«Troverebbe otto o nove gruppi di atleti che si allenano assieme in 600 metri quadrati, nella confusione totale, con incroci pericolosi durante le evoluzioni. Davvero, venga a vedere. Anche se non vorrei si spaventasse e ci imponesse di chiudere l’impianto».
Esistono alternative?
«Ad oggi no. È quello che chiediamo da anni. Anche per evitare che i più bravi, esempio per i più piccoli, siano costretti a spostarsi a Milano per allenarsi. A questo punto l’apporto per il 2019 lo garantisco, ma se le cose non cambiano, poi lascio. E son quasi certo che non cambierà nulla».
Non confida nel privato?
«Io non so chi siano questi investitori che potrebbero farsi carico anche del Palaginnastica. Non mi permetterei mai di dire che non mi fido. Però anche il sindaco fino a qualche tempo fa diceva che il Comune avrebbe fatto l’opera da sé e adesso dice invece che si affida ad altri. Non capisco».
Sì, ma ha detto che si tratta di una scelta obbligata e forse più veloce dell’altro percorso. In fondo la giunta si sta battendo per voi, o no?
«Sì, a parole non ci hanno mai fatto mancare sostegno e le intenzioni sono buone, li ringrazio tutti. Però guardiamo alla realtà: sono anni che si tratta e non si è mosso nulla. Ora pure l’affidamento del progetto, che già prospettava il trasloco nel 2021, è saltato».
I suoi dirigenti però la tranquillizzano, vero?
«Loro sì, mi dicono di non mollare. Però io non ce la faccio ad aspettare e ad essere fiducioso. Mi dispiace, proprio non ci riesco più».
C’è qualcosa che potrebbe farle cambiare idea?
«Sì, vedere un operaio che lavora. Ma so che non avverrà. Io intanto sono qui a impazzire per trovare lo spazio che consenta a Ludovico Edalli di iniziare a fare l’allenatore».
Ma non deve prepararsi alle Olimpiadi di Tokyo?
«Certo, quella è la sua priorità. Ma ha deciso di iniziare anche un altro percorso, di assumere la guida di un primo gruppetto di atleti. È entusiasta, ma nelle tabelle di spazi in palestra non trovo un buco in cui infilare i corsi. Che gli dico? Di portarli al parco a correre. Così non va, divento troppo nervoso».
In che senso?
«Nel senso che mi rendo conto di essere arrivato al limite della sopportazione. Non ho più voglia di diventare matto. Soprattutto non vorrei avere uno scatto di rabbia in palestra e, in quel contesto di caos, avere atteggiamenti che non mi renderebbero onore. Finirò la carriera senza Palaginnastica, ma non certo da maleducato».
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