IL PROCESSO
Cadegliano, rapine al supermarket: identificati dai social
A giudizio anche un dipendente: «Era il basista»

Ai tre presunti rapinatori del Dpiù i carabinieri sono arrivati anche grazie alle foto postate dagli indagati su Facebook. Scatti in cui comparivano la stessa moto e le stesse scarpe dei malviventi immortalati dalle telecamere in occasione dei due colpi al supermercato sulla statale 233, a febbraio e giugno del 2020.
Ancora una volta i social network si sono rivelati decisivi per chiudere un’indagine. Inchiesta che è sfociata nel rinvio a giudizio di tre giovani residenti tra Valganna e Cadegliano Viconago (tutti italiani, rispettivamente di 30, 26 e 25 anni): due sono ritenuti gli autori materiali delle rapine, uno è considerato il basista. Si tratta infatti del ragazzo che all’epoca dei fatti lavorava nel negozio come viceresponsabile. Ma tutti e tre (difesi dagli avvocati Vera Dall’Osto, Alberto Caleffi e Fabio Fiore) sostengono di non aver nulla a che fare con quelle rapine messe a segno da due uomini armati di pistola e con il volto coperto.
LA RICOSTRUZIONE
Nell’udienza di ieri, martedì 22 novembre, in Tribunale a Varese sono stati ricostruiti i due colpi. Nel primo, il 2 febbraio di due anni fa, i due incappucciati si sono presentati all’orario di chiusura, entrando da una porta di servizio sul retro. «Mi hanno puntato la pistola alla schiena - ha raccontato il direttore del market - Poi ci hanno raggruppato nell’ufficio, hanno preso una mia collega per farsi aprire la cassaforte». Quindi le hanno urlato: «Muoviti, lo so che sai il codice, fai la brava!». Ma la ragazza ha ripetuto di non conoscere la combinazione e così il rapinatore s’è “accontentato” dei soldi della cassa, circa 8.000 euro.
LA SECONDA RAPINA
Quattro mesi dopo, la seconda rapina, messa a segno mentre lo stesso direttore, il suo vice e una commessa stavano andando a versare l’incasso in banca. «Stavamo salendo in auto - prosegue il racconto - quando sono arrivati due uomini a volto coperto. Uno ha aperto la portiera, ha puntato la pistola in faccia all’odierno imputato e gli ha strappato la borsa col denaro, quasi 5.000 euro». «Non l’ho visto in faccia - ha detto la commessa - Ma ho visto l’arma e il bandito mi ha ordinato di abbassare la testa». Un’altra dipendente ha però riferito che uno dei rapinatori entrati in negozio aveva un accento straniero, «mi sembrava marocchino o comunque nordafricano».
LE IMMAGINI SU FACEBOOK
Il maresciallo dei carabinieri ha poi ricostruito le indagini, partite puntando i riflettori su quella moto, priva di targa, usata dai rapinatori per la fuga. Su Facebook hanno visto le foto di uno degli indagati proprio con quel modello da enduro, una Honda HM 50. E quando hanno perquisito casa sua, l’hanno trovata già smontata. Sequestrato anche un sacchetto giallo per la spesa identico a quello che conteneva il bottino, ma anche 900 euro in contanti, delle armi giocattolo, dei vestiti e un paio di scarpe, secondo gli inquirenti gli stessi indossati dal bandito in fuga. A incastrare i ragazzi, per l’accusa, anche i frequenti contatti telefonici nei giorni e nelle ore a ridosso delle rapine e il fatto che i due imputati abbiano cancellato dai rispettivi telefonini i messaggi inviati e ricevuti il giorno della prima rapina.
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