L’EVENTO
Calandari 2018: Varese sfida il tempo
Omaggio alle radici: ritorna puntuale l’almanacco della Famiglia Bosina

«A chi interessa rivivere il passato, conservare il dialetto, i costumi, i canti dei nostri bisnonni?» si domanda Carlo Zanzi sul Calandari d’ra Famiglia Bosina fresco di stampa e che anche questa volta ha curato personalmente.
Domanda lecita a fronte di «sale vuote e disaffezionate», ma anche di «amministratori che non sponsorizzano, non investono».
Tutto vero, eppure la «varesinità» non è del tutto perduta. Ne fanno fede la gara di solidarietà per sanare le ferite causate dai recenti incendi a Campo dei Fiori, le parole beneauguranti di prevosto, sindaco e prefetto che parlano di «appuntamento irrinunciabile» a proposito del Calandari, la stessa serata di ieri in Salone Estense alla cena di gala della Famiglia Bosina, presenti le autorità cittadine e Robertino Ghiringhelli che ha presentato la pubblicazione.
La quale, se vede la luce ininterrottamente da sessant’anni, dimostra che «le fronde sono magari un po’ malandate, ma le radici affondano sicure».
Lo ricorda lo stesso regiù, Luca Broggini.
«Alla base - spiega - c’è la passione che ci accomuna, che ci fa credere in quello che facciamo perché pensiamo che possa migliorare la vita delle generazioni future, senza dimenticare quelle passate».
Calandari 2018, quindi. Una sessantina i contributi, alcuni dei quali anche ampi, una quarantina le firme presenti di storici, giornalisti, docenti, sette le diverse tematiche che affrontano, tra cui figura - forse, non a caso, proprio in apertura - l’attualità.
Spulciamo qua e là senza voler far torto a nessuno: Massimo Lodi e Claudio Piovanelli si occupano di successi e insuccessi sportivi, Ambrogina Zanzi e Gianni Spartà ricordano Salvatore Furia, Elena Canesi scrive dei “patti nuziali di Luigi Molina e Camilla Balabio”, Mario Visco rifà un po’ del proprio albero genealogico nel quale figurano famiglie importanti della città, Ezio Motterle va alla ricerca delle sorgenti dell’Olona, Matteo Inzaghi dà spazio agli ottantancinque anni del Gruppo Alpini...
E poi il centenario della Grande Guerra, i poeti bosini, la Giobia, le Giromette, il Carnevale.
Un fuoco d’artificio di “varesinità”, appunto, nel quale riconoscersi, ricordare, gettare le basi per iniziative prossime venture di cui una comunità ha sempre bisogno, anzi necessità assoluta se vuole continuare a vivere invece che a sopravvivere.
Mentre il tempo scorre, inesorabile e impassibile come solo lui sa fare, il Calandari ne registra fedelmente, dal 1956, fatti grandi e piccoli, pagine gloriose e meno, personaggi illustri o presto dimenticati.
«Non è quindi il caso di prendersela, per lo scarso riscontro del pubblico» conclude Zanzi, uno dei pochi “giovani” che hanno saputo raccoglie l’eredità bosina, che poi ricorda Lorenzo de’ Medici: «Chi vuol essere lieto sia, del doman non c’è certezza».
Giovedì prossimo, alle ore 18, è in programma la presentazione del Calandari alla città in Sala Montanari.
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