SERIE C
Turotti e il segreto della Pro Patria
Il ds: «Qui c’è un presidente che lascia lavorare, i ruoli vengono rispettati»

Era l’estate del 2016. Il cellulare di Sandro Turotti squillò, sul display apparve il nome di Salvatore Asmini, appena diventato direttore generale della Pro Patria. L’attuale ds biancoblù rispose, accettò di incontrarlo, ma in cuor suo non pensava di ripartire dalla Serie D dopo tanti anni nel professionismo. Invece, di fronte all’insistenza di Asmini e al progetto illustratogli, accettò. Turotti, in via Ca’ Bianca, ha poi messo radici. Ha conquistato la fiducia e la stima del presidente Patrizia Testa che più volte ne ha sottolineato l’imprescindibilità per la sua permanenza al timone del club.
PRINCIPI E CONFINI Ora sta vivendo la quinta stagione consecutiva in biancoblù: «Mi trovo bene, Busto sta diventando casa mia» sorride, snocciolando i motivi della durata del matrimonio con la Pro: «Qui c’è un presidente che ti fa lavorare, qui opero come voglio: questo è importante, nel calcio non è sempre così. Sono di vecchio stampo: non mi interessa la visibilità, voglio però decidere e incidere nel lavoro che svolgo. Questo, forse, mi ha precluso palcoscenici più alti, magari anche la Serie A. Ma sono contento così». Ognuno al suo posto, facendo quello che sa fare meglio: semplificato all’estremo è questo il segreto degli eccellenti risultati ottenuti in questi anni dalla Pro Patria? «Abbiamo delle regole, esiste grande rispetto dei ruoli, ognuno fa il suo. Abbiamo un’impostazione e un’organizzazione». C’è un altro passaggio cruciale nella filosofia lavorativa di Turotti: «Bisogna lasciare alle persone la possibilità di sbagliare - scandisce - e non pensare di cambiare tutto e subito ai primi risultati negativi».
RISCOPERTE Navigare nel mare della Serie C’è complicato, le ondate dei costi sproporzionati rispetto alle entrate possono travolgere da un momento all’altro. Per reggere Turotti conosce un solo modo: «Costruire». E quando per esigenze di cassa serve smontare parte di ciò che si è edificato, occorre «saper ricostruire». Il ds la spiega così: «La Serie C non può scimmiottare la A, che è un altro pianeta. In terza serie, per avere un futuro, serve creare una struttura che possa reggersi da sola. Fondamentale riscoprire l’identità di un club, la fidelizzazione», Quindi gestioni economiche oculate, potenziamento e valorizzazione dei vivai, consolidamento dello spirito di appartenenza nei giocatori. Tutto ciò è stato realizzato a Busto in queste stagioni: lo dimostrano l’alta fedeltà del tecnico Javorcic («ha saputo sposare il progetto»), la prolungata permanenza di Colombo, Le Noci e anche Fietta, quella di molti altri, il progressivo inserimento in prima squadra di ragazzi del vivaio come Ghioldi, Molinari, Ferri. Alla Pro Patria il dirigente biellese continua a lavorare tenendo dritta la barra dei suoi principi professionali: «Operare sempre nell’interesse della società - dice - sulla base di quello che la stessa ti dice». Cioè, stare nei budget e quando è possibile risparmiare. Turotti ha principi netti e un bagaglio di esperienza riempitosi anche grazie a incroci speciali: in carriera ha lavorato sotto patron del calibro di Andreoletti (Albinoleffe) e Arvedi (Cremonese), «grandi imprenditori dai quali si può imparare molto nella gestione aziendale».
MUTAMENTI E DOMANI Nel frattempo il ruolo del ds ha subito profonde modifiche rispetto alla prima parte della sua carriera: «è tutta un’altra cosa, è cambiato il mercato - osserva -. Una volta non esistevano i procuratori, né tante altre figure nate successivamente. C’erano meno informazioni, il rapporto coi calciatori era diretto, tutte le trattative dipendevano da te, si era occupati in molte più cose. Io, ai tempi, ho realizzato anche un giornale societario». Ma Turotti sa muoversi bene anche nel “nuovo mondo”. Lo dimostrano i risultati conseguito con la Pro, con la quale la scorsa estate ha firmato un rinnovo di contratto biennale, scadenza giugno 2022. Tolta la lunga esperienza iniziale alla Biellese, si tratta di un record per il ds arrivato nel 2016. Del resto «Busto sta diventando casa mia».
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