L’EMERGENZA
Canile invaso dai rifiutati
Più degli abbandoni, pesano le rinunce. «Animali trascurati, è un’impresa farli riadottare»

La situazione, al canile municipale, si sta facendo molto complicata. Ma l’estate difficile della struttura gestita da Apar non dipende tanto dagli abbandoni.
«Quelli ci sono ancora, purtroppo - dice Anna Gagliardi, referente del gruppo di volontari - ma in verità i sei casi avvenuti in giugno, per quanto odiosi, rientrano ampiamente nella media del periodo e le nostre preoccupazioni non arrivano certamente da lì».
Il nodo, semmai, è costituito dai Fido adottati e poi riconsegnati in via Canale, oppure dalle chiamate di persone che chiedono («alcune pretendono») di sbarazzarsi dei loro fedeli animali, lasciando che sia l’Apar a farsene carico».
Poi c’è un’aggravante in più: «Stanno crescendo in maniera esponenziale anche le situazioni in cui i cani sono trattati male. Non parlo di maltrattamenti nel senso di botte, però si tratta comunque di esseri viventi tenuti in condizioni non igieniche e non dignitose, rinchiusi in spazi ridottissimi, lasciati per ore sotto il sole, con acqua putrida».
Un caso emblematico è accaduto dalle parti di Borsano, dove i volontari hanno dovuto accogliere quattro esemplari che si trovavano in un evidente contesto di sofferenza.
Per Gagliardi, come per tutte le altre persone che danno una mano a gestire la situazione e a raccogliere i fondi, è come se sia in corso un deperimento culturale nell’approccio con gli animali.
E spiega: «Mi pare una banalità dover ripetere che le adozioni devono essere responsabili, consapevoli e per sempre. Invece ci ritroviamo sommersi di gente che dice di aver sbagliato a scegliere il cane, che è pericoloso per i figli, che non ha le condizioni per badarvi. Ogni giorno riceviamo almeno due o tre telefonate di questo genere e ci troviamo in difficoltà». «Certo - aggiunge - qualche volta il problema personale è reale, come ad esempio una malattia, e noi ci attiviamo. Ma molto spesso si tratta di conseguenze di azioni superficiali, in cui un cane viene preso come fosse un giocattolo e allo stesso modo viene gettato via».
Oggi in via Canale ci sono 58 esemplari, più un’altra cinquantina nel vicino rifugio Elia. «Il numero totale - conclude la responsabile Apar - non è così alto, perché ne abbiamo ospitati di più in passato. Il punto è che troppi cucciolotti ci arrivano con storie alle spalle molto complicate e sono talmente diffidenti verso l’uomo da risultare di fatto non più adottabili. È un dolore enorme doverli mettere in una gabbia sapendo che sarà quasi impossibile trovar loro un nuovo padrone, mentre noi saremo costretti a mantenerli a vita. Lo facciamo col cuore, ma anche con la consapevolezza che, se avessero avuto padroni diversi, lo sarebbero stati anche loro».
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