DOPO LA VISITA DEL MINISTRO
«Più videosorveglianza, sarà a garanzia di tutti»
Il comandante Panaro: in cella ora 387 detenuti
Passata l’emozione, dopo intense giornate di preparazione alla visita del ministro della Giustizia Marta Cartabia, nella casa circondariale di Busto Arsizio cresce l’attesa che le promesse si traducano in realtà. Al momento i detenuti sono 387, poco sotto la soglia limite di 400, quella oltre la quale il sovraffollamento diventa difficile da reggere, sia per i reclusi sia per il personale interno. Nel frattempo, le sigle sindacali della polizia penitenziaria restano in stato di agitazione «per l’immobilismo del Dipartimento rispetto alle aggressioni che purtroppo si sono verificate un po’ in tutti gli istituti italiani».
Per quanto riguarda via Per Cassano, l’idea di poter contare su una videosorveglianza potenziata conforta la comandante Rossella Panaro. «Il ministro ha confermato che gli impianti vadano implementati a garanzia di tutti – spiega – Questo risponde a una delle istanze avanzate, perché avere immagini che documentino la realtà dei fatti è importante: altrove ci sono state denunce di percosse mentre non era avvenuto nulla. Le telecamere potranno confermare i fatti». Nuove aggressioni? «Per fortuna no, ma è bene cautelarsi. I fatti di Santa Maria Capua Vetere sono eccezione e non normalità, ma la videosorveglianza può essere utile a tutti».
Cartabia, nel dialogo avuto prima coi detenuti e poi con gli agenti, ha affrontato una parte dei problemi segnalati alla sua segreteria prima della visita di lunedì. «Le domande da noi poste sono oggetto di attenzione in tavoli sindacali a livello nazionale – spiega Panaro - Evidentemente stanno elaborando strategie che non riguardano soltanto noi, l’incontro è stato soddisfacente: avere ricevuto il ministro in istituto per noi ha rappresentato un momento eccezionale ed emozionante. Sono contenta della risposta del personale: nella settimana di preparativi ha dato davvero l’anima perché tutto si svolgesse nel modo migliore. Il ministro si è detta vicina al mondo penitenziario e sappiamo che sta lavorando per migliorare il sistema a tutto tondo, per la parte detentiva e per quella che riguarda il nostro corpo. Del resto, se i detenuti lavorano in carcere è perché il lavoro di altre persone lo permette».
La situazione ora pare tranquilla. Ma qui sanno che si affrontano «fasi cicliche»: «Siamo in grado di sopportare nuovi arrivi, ma se fossero numerosi senza scarcerazioni e trasferimenti saremmo di fronte a problemi seri. Oltre i 400 detenuti e ancora con emergenza Covid in corso non è semplice». Voi siete sempre sotto organico? «Purtroppo sì. Il ministro lo sa, la sua nuova politica sta nel bandire concorsi ogni anno, indipendentemente dal fatto che si sia o meno in sofferenza. Questo permette di attingere alle graduatorie, senza altri bandi e arruolamenti. Proprio il 25 ottobre è iniziata la prima giornata del 179° corso di allievo agente di polizia penitenziaria. Da novembre riprenderemo le lezioni alla scuola di Verbania: io per l’operatività del ruolo, il direttore Orazio Sorrentini sull’ordinamento penitenziario».
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