IN APPELLO
Cardano, coltellata in oratorio: cinque mesi al bullo
Alla vittima riconosciuti 400 euro di risarcimento

Concedere o meno l’attenuante della provocazione al ventottenne che, a fine giugno di quasi sette anni fa, dopo un diverbio, ferì alla spalla un diciottenne all’oratorio con un coltello a serramanico?
No, a detta della procura generale di Milano, la sentenza del tribunale di Busto Arsizio a carico di quel «bullo che attaccava briga con un ragazzo molto più giovane di lui» - definizione del sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser - era assolutamente ineccepibile e, come tale, non doveva essere in nessun modo toccata. Detto, fatto. I giudici della terza corte d’appello hanno respinto l’atto d’impugnazione a firma dell’avvocato Alberto Arrigoni, confermando la sentenza di condanna a cinque mesi di reclusione a carico dell’imputato, finito sotto processo per lesioni volontarie (alla parte offesa, il giovane al quale è stato peraltro riconosciuto anche un risarcimento di 400 euro) e minacce (a tre amiche della vittima).
Bisogna tornare al pomeriggio del 26 ottobre del 2016. Nel porticato dell’oratorio, la parte offesa chiede, tramite un amico, di poter parlare con l’imputato con il quale aveva avuto nelle settimane precedenti un diverbio. L’allora ventottenne esce dalla palestra e, vedendolo, lo investe di insulti e minacce (tipo: «Adesso mi hai rotto, vedi che cosa ti faccio»). Un’aggressione verbale in piena regola, secondo le carte processuali, di fronte alla quale il diciottenne prova a reagire sferrando prima un pugno, che però va a vuoto, e poi uno schiaffo, che invece va a bersaglio.
Dopo il ceffone, l’imputato non ci vede più: estrae un coltello e con la mano destra colpisce il più giovane rivale dietro la scapola sinistra. Non contento, come in preda a uno stato di agitazione, il cardanese, oggi trentacinquenne, sempre brandendo il coltello, si dirige verso tre amiche, testimoni dell’accaduto, e arrivato in prossimità di una di loro le punta la lama alla gola e urla: «Ti ammazzo, io sono della ‘ndrangheta, vi faccio fuori tutti».
Quindi esce in tutta fretta dall’oratorio, non prima di aver gettato in un tombino il coltello. Il tutto mentre il diciottenne era soccorso e portato all’ospedale di Gallarate per curare la ferita alla spalla (giudicata in seguito guaribile in una settimana). Nel corso della sua deposizione, l’uomo ha ammesso di aver tirato fuori dalla tasca il coltello, che ha detto di utilizzare per tagliare le castagne, ma sostiene di averlo fatto solo per spaventare il rivale. Di più, dice anche di non averlo toccato. La ferita? Forse - ipotizza - se l’è fatta andando a sbattere con la spalla su un pezzo di ferro sporgente dal muro. Le minacce? «Tutto falso». E la denuncia-querela della parte offesa e delle destinatarie delle minacce? «Lo hanno fatto così, per divertimento». I giudici, però, non gli hanno creduto.
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