LA RIQUALIFICAZIONE
Cascina Burattana: degrado e abusivi
Il Comune cerca fondi, la cooperativa sogna un parco agricolo biologico

A ogni mano tesa si va incontro con convinzione. Così, la raccolta fondi ideata dall’Atletica San Marco è più che ben accetta. A Cascina Burattana ci si chiede però se, oltre alla parte «viva» della vecchia struttura agricola, si voglia davvero pensare a quella che combatte con degrado e nuove incursioni di abusivi.
Giorni fa, l’assessore all’Urbanistica Giorgio Mariani ha lanciato l’idea di dare la caccia a nuovi bandi per riqualificare due luoghi della Busto di un tempo: il vecchio oratorio di Sacconago e, appunto, Cascina Burattana.
Alla cooperativa subito si sono posti una domanda: campagna elettorale o reale interessamento?
«Né Mariani né altri esponenti dell’amministrazione si sono fatti avanti, hanno proposto di trovare un bando adeguato, forse gasati da quello da 15 milioni di euro conquistato per l’area delle Nord, però noi non siamo stati in alcun modo interpellati. Su cosa vogliano proporre per il futuro della cascina è a noi oscuro - rivela Matteo Di Mattei, alla guida della cooperativa Burattana, che anima la parte dedita all’agricoltura biologica - noi siamo a totale disposizione qualora volessero condividere alcuni ragionamenti».
Intanto, nulla è cambiato negli edifici ormai diroccati. Anzi, durante l’inverno sono crollate altre porzioni della cinta esterna.
Il Comune ha chiuso definitivamente l’area, ponendo reti di cantiere e sbarramenti.
C’è però il sospetto che ci sia comunque chi abiti in qualche modo i vecchi alloggi.
«Ogni tanto la sera, verso l’imbrunire, non più tardi di un mese fa - racconta Di Mattei - c’è capitato più di una volta di notare piccole luci negli ambienti del piano superiore, quelli che si possono scorgere al di sopra del muro di cinta nobiliare: delle luci sono il segno di presenze all’interno. Temiamo che si possano verificare altre situazioni pericolose».
La corrente è staccata. Qualche porta era stata murata. Anni fa, però, un incendio provocato forse da un fornelletto da campeggio generò un incendio devastante di cui ancora si vedono i segni.
«Noi accoglieremmo a braccia aperte amministratori pronti a riflettere con noi, non abbiamo mai nascosto il nostro sogno iniziale di mettere a posto la cascina, c’era anche un progetto ideato con il Politecnico di Milano, se lo considerassero valido si potrebbe ragionare in un’ottica di rigenerazione per dare spazio a servizi pubblici. Questo ci piacerebbe rispetto a dover pensare a una casa di riposo di lusso o a chissà che altro».
Cosa intendete per «servizio pubblico»?
«Qualcosa che sia utile, in senso ecologico, alla città, in cui poco si è fatto in questi anni per verde ed ecologia. Sarebbe l’occasione di un segno distintivo importante. Ai tempi si era pensato a diverse attività: dai centri per accogliere e sostenere anziani a famiglie in difficoltà, a servizi pubblici veri e propri che abbiano un senso sociale, non uffici comunali che non sai dove mettere».
Un social housing? Come quello pensato all’ex Borri, che forse qui avrebbe un senso maggiore?
«Sì ma anche servizi aperti al pubblico, dal nido agricolo al classico agriturismo popolare, accanto a terreni vocati interamente all’agricoltura biologica. Purtroppo - conclude Di Mattei - il Parco Altomilanese ha fallito miseramente questo obiettivo. Nei fine settimana migliaia di persone frequentano quell’area, che comprende aziende agricole convenzionali, pensando di respirare aria pulita e non si rendono conto di essere vicine a mille pesticidi diversi, è sconvolgente. Dare un bel segno con un parco agricolo biologico sarebbe un sogno che si concretizza».
© Riproduzione Riservata