L’INDAGINE
Rifiuti: l’inchiesta sfiora Varese
In carcere anche un “intermediario” di Cassano Magnago: Bruno Di Natale
Risvolti varesini nella seconda ondata di arresti nell’inchiesta dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Milano che ha svelato un maxitraffico illecito di rifiuti provenienti in gran parte dalla Campania e poi smaltiti illegalmente stipandoli in capannoni industriali in giro per la Lombardia e nel Veneto.
Tra la dozzina di persone finite in carcere (per altri otto sono stati disposti gli arresti domiciliari) su ordine del gip milanese Giusy Barbara figura anche Bruno Di Natale, 51 anni di Cassano Magnago, già gravato da precedenti per reati contro la pubblica fede e per bancarotta fraudolenta.
Per dirla con le parole inserite nell’ordinanza di custodia cautelare, il ruolo dell’indagato nell’ambito dell’associazione per delinquere - capace secondo i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Milano di mettere assieme un giro d’affari illecito di quasi 2 milioni di euro, per un totale di 10mila tonnellate di spazzatura trasportata e stoccata illegalmente con la copertura di documenti falsi - sarebbe stato quello di «gestore» e «intermediario» del traffico illecito di rifiuti ammassati in un capannone di Gessate, nel Milanese, e di Torbole Casaglia, in provincia di Brescia, che tutto erano tranne che discariche autorizzate.
In altre parole, seguendo l’assunto investigativo, che ha preso le mosse dall’imponente rogo di rifiuti avvenuto nel quartiere Bovisasca a Milano nell’ottobre scorso, Di Natale sarebbe stato il trait d’union tra i produttori di rifiuti, Massimo Sanfilippo, e cioè il principale indagato (già arrestato nel febbraio scorso), individuato come amministratore di fatto della Wynsystem Group di Cornaredo (i cui capannoni fungevano da snodo nelle area del Nord e che metteva a disposizione i suoi spazi come centro di smistamento), e i vari padroncini incaricati di trasportare sui propri camion di tutte le balle pressate contenenti ogni tipo di scarto, di origine urbana e industriale, indifferenziata e non.
Tra le contestazioni mosse al cassanese figurano anche l’avere fornito un carrello elevatore utilizzato per lo stoccaggio della spazzatura in un capannone del mantovano (sequestrato assieme ad altri sette siti ora sotto sequestro) e l’avere riscosso denaro per conto di Sanfilippo per pagare l’occupazione di un capannone a Verona da riempire con rifiuti.
Sempre senza alcuna autorizzazione e, soprattutto, senza alcuna preoccupazione per la salute pubblica.
Il gip Giusy Barbara ha stigmatizzato l’assenza di scrupoli di tutti gli indagati coinvolti nel business criminale, descritti come «totalmente accecati dalla prospettiva di realizzare in tempi molto ristretti ingentissimi guadagni, che lo smaltimento dei rifiuti con modalità illecite garantisce con rischi penali tutto sommati contenuti», rischi «che evidentemente i trafficanti ritengono comunque vantaggioso correre».
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