IL CASO
La Saronnese è un maxi sushi
Sequenza impressionante di ristoranti giapponesi, aperti però da famiglie cinesi

Il termine abusato, quando si parla di commercio cinese e locali giapponesi, è invasione.
Basti pensare a tutti gli esercizi aperti nella zona: a parte i bar gestiti dai cinesi un po’ ovunque, lungo il tratto della Saronnese sono cresciuti come funghi i ristoranti di cucina nipponica. Si fanno concorrenza da Castellanza a Legnano senza esclusione di colpi, offrendo l’ormai diffusissimo all you can eat a prezzi vantaggiosi, sia a pranzo che a cena. «Sono gli unici che hanno i soldi», è il tormentone. Un fatto è certo: basta fare un giro di sera lungo via per Saronno per accorgersi che sono sempre pieni. Del resto, pensando all’apertura del Wok Like nell’ex Esselunga c’erano centinaia di persone.
DAL SUSHI AL BRASILIANO
La mappa dei ristoranti giapponesi comincia con il locale Lin Tasting Emotion (davanti al Gigante), che offre anche cucina cinese; si prosegue con il sushi K-Kaiseki nell’ex Esselunga, che ha preso questo nome dopo il cambio di gestione del Like (sempre qui c’è il megastore Angel di vestiti e articoli per la casa); più avanti troviamo il Sushi Club, a poca distanza dal Tao di via Locatelli (ormai storico, il primo giapponese ad aprire a Castellanza quando questa cucina non era ancora di tendenza). Appena dopo il confine con Legnano c’è, vicinissimo, l’Amy Sushi. Sul territorio di Castellanza si è aggiunto di recente, in via Don Minzoni, “La Fabbrica dei Sapori”, gestita sempre da una famiglia cinese, che propone quattro tipi di cucina: orientale, brasiliana, italiana e giapponese. Insomma, lo stile è molto simile.
RESISTE L’ITALIANO
Per il consigliere delegato al commercio Lisa Letruria la spiegazione di questo boom è solo una: «I cinesi hanno molti più soldi degli italiani, tant’è che possono aprire grossi locali. Basti pensare a quello nuovo di via Don Minzoni con 300 coperti». Altra considerazione è che «sono tutti pieni. La gente ci va perché costano meno e piace quel tipo di cucina. È un segno dei tempi: 30 anni fa erano di moda i ristoranti cinesi. Ma tutte le mode passano, quindi credo che arriverà il momento in cui anche questo si sgonfierà».
La cucina italiana dunque non è finita? «Non credo. Semplicemente gli italiani possono aprire locali più piccoli e di minore impatto, offrendo a buon prezzo una cucina casalinga. In giro ce ne sono ancora parecchi».
© Riproduzione Riservata