CONDANNA CONFERMATA
Doppio stalker: un anno
Un pugliese, oggi 61enne, ha cominciato a prendere di mira l’ex compagna e sua figlia, accusata di essere causa della fine della relazione
Un anno di reclusione per lo stalker di Cavaria. Anche se sarebbe più corretto parlare di doppio stalker. Sì, perché dopo aver visto naufragare nel giro di pochi mesi, nell’agosto del 2012, una storia d’amore su cui evidentemente aveva investito parecchio, un pugliese, oggi 61enne, ha cominciato a prendere di mira con atti persecutori non solo l’oggetto dei suoi desideri, ma anche una delle figlie di quest’ultima, perché ritenuta l’unica responsabile della fine della storia.
A certificarlo, con sentenza di condanna, il Tribunale di Busto Arsizio prima e la Corte d’Appello di Milano poi, che ha stabilito anche una provvisionale sul risarcimento di 5mila euro per le due parti offese. Le cose, a leggere le carte processuali, raccontano un’altra storia.
Durante le vacanze al mare, la nuova fiamma del futuro imputato venne a conoscenza dell’esistenza di un figlio, ormai grande, del quale però lui non aveva mai parlato. Di più, capì ben presto che aveva a che fare con un uomo estremamente possessivo e geloso. Al punto che quando fu raggiunta dalla figlia maggiore, per un paio di settimane di ferie con la sua famiglia, il fidanzato faceva di tutto per evitare i contatti tra la donna e i suoi famigliari. Una situazione soffocante. Da qui la decisione di rompere.
Ma la rottura non è stata per niente indolore. Perché il pugliese ha preso a molestare e a minacciare e a rendere la vita impossibile alla donna, che lavorava come badante, costringendola a cambiare i propri recapiti telefonici, ma soprattutto a lasciare il posto di lavoro a fronte del suo «insistente, maniacale tentativo di riallacciare i fili della relazione sentimentale», per dirla con i giudici.
Tuttavia, gli atti persecutori, che si sono protratti fino alla primavera 2013, hanno riguardato, e pesantemente, anche la figlia della donna, da lui eletta a capro espiatorio per il fallimento della relazione. L’imputato ha perciò preso di mira la nuova attività della poveretta, prossima ad aprire un negozio a Gallarate. Come? Cambiandole una serratura (da qui la contestazione del reato di violenza privata), presentandosi al negozio facendole scenate e chiedendole la restituzione di denaro senza averne titolo, cercando di sottrarle della documentazione e minacciando denunce all’autorità per una presunta mancanza di messa a norma dei locali.
© Riproduzione Riservata