LA TRAGEDIA DI CERRO
Cerro, Agrati non si arrende
Duplice omicidio delle sorelle, ricorso in Appello contro l’ergastolo

«Giuseppe Agrati non aveva alcun movente idoneo a giustificare un’azione così efferata. Al contrario non si può escludere il ragionevole dubbio che il nipote Andrea Agrati, tra gli altri, avesse interesse a beneficiare dell’ingente patrimonio della famiglia Agrati»: gli avvocati del settantunenne condannato all’ergastolo per l’omicidio delle sorelle Carla e Maria passano al contrattacco.
IL RICORSO IN APPELLO
Settimana scorsa Giuseppe Lauria e Desiré Pagani hanno depositato il ricorso in appello contro l’ergastolo stabilito dalla corte d’assise di Busto Arsizio. Sempre più convinti dell’innocenza di Giuseppe Agrati, indicano strade alternative rispetto a quella ricostruita nelle motivazioni della sentenza, scritta a quattro mani dal presidente della corte Daniela Frattini e dal giudice a latere Marco Montanari.
Tra i personaggi di questo macabro noir, i legali suggeriscono di approfondire quello del nipote Andrea, che con tenacia si è opposto all’archiviazione del fascicolo aperto ad aprile del 2015 sul rogo della casa di via Roma in cui persero la vita le sorelle dell’imputato. «Bisogna rivalutarne la posizione anche in considerazione del fatto che la posizione di Andrea Agrati appaia certamente connotata dal dimostrato, specifico e qualificato interesse di natura economica in ordine alla pronunzia d’indegnità alla successione a danno dello zio con le conseguenti statuizioni civilistiche», si legge nell’impugnazione.
«Andrea - prosegue l’atto - aveva le chiavi d’accesso dell’appartamento delle sorelle perché era diventato comproprietario dell’intero immobile di via Roma a seguito della morte del padre Antonio, avvenuta dieci giorni prima dell’incendio». Inoltre «il nipote già utilizzava un appartamento adibito a studio professionale».
Ma Andrea non è l’unico soggetto - a parere dei legali - su cui indirizzare nuovi accertamenti istruttori. Carla, storica insegnante del liceo scientifico Galilei di Legnano, potrebbe avere innescato il rogo: l’argomentazione era stata trattata già nel corso dell’arringa e poi bollata come «fantasiosa» dai giudici Frattini e Montanari. Per gli avvocati Lauria e Pagani invece «non è affatto peregrina posto che (...) il volto di Carla è stato esposto alla fonte di un innesco, con ciò insinuando un ragionevole dubbio sulle responsabilità di Giuseppe». Ora le valutazioni toccheranno alla corte d’assise d’appello di Milano.
AGRATI SI DICE SEMPRE INNOCENTE
Il settantunenne è in carcere a Busto Arsizio da novembre del 2019, in esecuzione di un’ordinanza del gip Piera Bossi chiesta dal sostituto procuratore generale Vittoria Mazza che avocò le indagini condotte dalla procura di Busto. L’anziano non ha mai vacillato nel proclamarsi innocente: «Non avevo alcuna ragione per uccidere le mie sorelle», ha sempre ribadito all’autorità giudiziaria. La complicata e delicata perizia sulle cause dell’incendio, disposta dall’assise, a parere dei suoi avvocati non ha smontato la tesi colposa, «i periti sono giunti a conclusioni generiche».
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