L'ATTORE
"Che bela tusa Pretty Woman"
Yor Milano a Varese: "Qui la gente è più calorosa che in Ticino"

Yor Milano, o dell'attualità del dialetto. Il popolare attore di Lugano, 76 anni e una grande verve, è tra i protagonisti della stagione in provincia con due commedie: «Possibil che i ma capita tücc a mi?», la traduzione in dialetto ticinese di «Blaise» di Claude Magner, e «Giò i man da l'omm di caverni», da «Caveman» di Rob Beker. I due spettacoli sono prodotti da Tepsi, la compagnia di Teatro popolare della Svizzera italiana da lui fondata con Mariuccia Medici e Mascia Cantoni nel 1999, quando la tv svizzera disse stop alle fiction in dialetto.
Yor Milano, Varese la ama?
«Con Varese c'è una simpatia reciproca, la gente qui è molto più calorosa che in Canton Ticino. L'ultima volta che ho fatto uno spettacolo al teatrino Santuccio avevo la fila per stringermi la mano, manco fossi il Papa. Mi sono commosso».
I suoi esordi sono musicali.
«Sono come Proietti, prima di tutto musicista, figlio e nipote di musicisti e cantanti lirici».
Cosa c'entra con lei Gianni Boncompagni?
«Ho girato il mondo e quando sono tornato a Lugano, città d'origine della mia famiglia dove ho studiato, la tv batteva i primi palpiti. Per la radio ho inventato il primo programma di intrattenimento, in cui presentavo musica, giochi, concorsi, parlavo con gli ascoltatori: Radiomattina era molto seguita anche in Italia. Boncompagni la copiò creando "Chiamate Roma 31 31" per la Rai».
Il teatro quando arrivò?
«Il mio colpo gobbo fu che nel '77 Enzo Trapani mi invitò a "Non stop", la prima trasmissione di cabaret della Rai, da dove uscirono Troisi, Gerry Calà, Enrico Beruschi, i Gatti».
Ma lei recitava in italiano o in dialetto?
«In italiano. Il dialetto non lo conoscevo, mi sono messo a studiarlo quando la tv svizzera cominciò a passare le fiction dialettali con Vittorio Barino».
E oggi perché vedere una commedia dialettale?
«Perché il dialetto è la nostra lingua, racchiude le nostre radici da difendere. Se lo perdiamo, perdiamo tutto. Dialetto è un errore di definizione, non esiste: noi abbiamo una nostra lingua lombardo-ticinese. È l'italiano che è una lingua imposta alle nostre latitudini».
Per questo lei ha tradotto John Waine in dialetto, facendogli dire «'ndu a l'è la me surelina» o «nem a ca'»?
«Certo, ho tradotto "Sentieri selvaggi" (Sa ta cati te copi) e A qualcuno piace caldo (Düü testimoni scomod) e le assicuro che appena il film inizia nessuno avverte niente di strano nella traduzione in dialetto. Non è un gergo. È una lingua».
Il prossimo film?
«Pretty woman, una bela tusa: sarà pronto per la primavera. Il sogno però è di doppiare Guerre stellari».
Il rapporto coi Legnanesi?
«Ci vogliamo molto bene dai tempi di Musazzi. Chiedo sempre a Provasio: quando facciamo qualcosa insieme?».
Nella commedia in scena a Varese ha due giovani protagonisti nuovi al teatro dialettale: Falvio Sala, il Roberto Bussenghi di «Frontaliers» (il film sul doganiere e il frontaliere che ha sbancato lo scorso anno in Svizzera), e Simona Berni.
«Prima le signore: Simona è molto bella e molto brava, lavora con noi da maggio e sono fiero di averla impostata io: è una servetta strepitosa. Per Flavio questa è un'ottima occasione per uscire dai panni del Frontaliers: è il figlio del Commenda, che sono io, ed è anche lui molto bravo».
«Possibil che i ma capita tücc a mi?» - Sabato 17 novembre al teatro Apollonio di Varese, ore 21, 23/13 euro, 0332.247897; domenica 18 al Condominio di Gallarate, ore 16, 25/12 euro, 0331.770082. «Giò i man da l'omm di caverni» il 27 gennaio al Condominio e il 9 febbraio all'Apollonio.
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