AGLI ARCIMBOLDI
Checco Zalone (tutto) esaurito
Staccati quasi 50mila biglietti per 21 spettacoli, il primo stasera

Il cinema l’ha incoronato re assoluto dei botteghini. Basti pensare che con il suo esordio alla regia Tolo Tolo nel 2020 ha fatto registrare il maggior incasso nella storia del cinema italiano nel primo giorno di programmazione. E come la mettiamo con gli oltre 220 milioni raccolti con i suoi film: da Cado dalle nubi a Quo vado?. Ma Checco Zalone ha deciso che era venuta l’ora di riabbracciare il suo pubblico. A teatro.
Rieccoci, allora, a undici anni esatti dal primo tour dell’artista pugliese. Un rischio? Macché. Di questi tempi la risata, specie se intelligente ,è merce tanto richiesta quanto rara. Per cui Checco ha fatto il botto. Ovunque vada è tutto esaurito. Da stasera (alle 21) fino al 20 gennaio ha previsto 21 repliche al Teatro degli Arcimboldi di Milano.
Bene, ha già messo a segno 21 sold out. Quasi 50mila spettatori per assistere ad Amore più Ivauno spettacolo totalmente inedito in cui musica, racconti, imitazioni e parodie saranno accompagnati dall’inconfondibile ironia di uno degli artisti più estrosi e amati dal pubblico italiano.
«L’amore ha un prezzo, suggerisce il titolo? Sarei volgarissimo: l’amore ha diversi prezzi», ha spiegato Luca Medici, in arte Checco Zalone,presentando il tour che lo terrà impegnato fino all’autunno del 2023.
«In realtà, ho preso a prestito una frase di John Lennon, L’amore che dai è pari a quello che ricevi: insomma è una partita di giro, no?», ha poi aggiunto scherzando il guitto dissacrante, aduso allo sberleffo politicamente scorretto, che trova sempre il modo di stupire. L’anno scorso sul palco dell’Ariston si era rivelato divisivo con favola antiomofobia e la parodia del virologo preoccupato per la fine della pandemia.
Quest’anno niente bis al Festival di Sanremo, ma una sua canzone gareggerà allo Zecchino d’Oro. A proposito di canzoni, Zalone ha pensato di omaggiare per l’occasione il grande Enzo Jannacci: «Ho aggiornato alla mia maniera il suo capolavoro Vincenzina e la fabbrica. L’operaia venuta dal Sud di Jannacci l’ho trasformata in influencer sempre attaccata allo smartphone».
Una definizione del suo nuovo spettacolo? «È una specie di Ted. Parlo di adozioni, diritti civili, temi scottanti. Non ci si annoia. Non temo le critiche, mi aspetto le polemiche sui social: peraltro sui social non ci sono, ma ho capito che questo alimenta il dibattito».
Social che non lo stuzzicano più come in passato: «Oggi è molto più difficile trovare prede, risultano meno interessanti i personaggi che si danno ai social ed è difficilissimo far ridere senza risultare banale e scontato».
Così ecco la storia «di una signora che voleva adottare una famiglia ucraina ma era disperata perché erano finite: alla onlus le avevano detto che erano rimaste solo quelle siriane» e quella «di una famiglia arcobaleno che adotta un bambino in un orfanotrofio di Predappio».
E poi affronta la questione migranti, «il tema dell’integrazione affrontato col punto di vista di Mendel, padre della genetica», così come la guerra, con un Putin inedito, tra una citazione del Grande dittatore di Chaplin e un esilarante grammelot tra gli accenti pugliesi di provincia che assomiglia al russo. In scaletta anche il tema delle donne, «con una parte di sano maschilismo».
Ventun date per chissà quanti colpi di scena. Come il simpatico siparietto avvenuto lo scorso 7 dicembre, a Ravenna, tra Zalone e Riccardo Muti. Il Checco nazionale era sul palco, munito di parrucca, mentre stava facendo l’imitazione di Muti scherzando sul fatto che le parole pronunciate dai cantanti lirici sono spesso di difficile comprensione quando tra il pubblico in sala è spuntato Muti in persona: «Maestro, tengo famiglia, mi faccia lavorare per il futuro».
«Ma tu devi lavorare perché sei bravo», la pronta replica del direttore d’orchestra. Impossibile dargli torto.
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