IL FENOMENO
Chi guadagna con i rider?
Food Delivery: vita da fattorino da Varese a Milano

Una diavola e una coca a casa alle 22.30? Non c’è problema. Nella Milano del coprifuoco e della zona rossa il rider delle consegne a domicilio (nel 99% dei casi immigrato) non ti delude mai. O quasi. Lascia la bici nell’androne, appoggia il suo box termico e sale con l’ascensore e te la consegna sull’uscio di casa sperando, chissà, in una mancia.
«Mancia? Sarà la crisi ma ne vedo sempre di meno», taglia corto Mamadou, gambiano di 30 anni con permesso regolare. Fa il rider da più di due anni. Tutti i santi i giorni prende il treno da Canegrate e arriva a Milano: «In genere lavoro 8 ore e se tutto va bene riesco a fare tra le 12 e le 15 consegne. La paga base per ogni consegna? Non più di 1,80 euro. Fino a pochi mesi fa erano 2 euro. A questa cifra vanno aggiunti 50 centesimi a chilometro percorso. In genere, però, si sta entro i 10 chilometri. Succede che faccio anche 100 chilometri al giorno, ma non capita spesso», racconta il gambiano intercettato in piazza Duomo mentre è in un momento di pausa.
«Quando c’è sole come oggi le consegne scarseggiano perché la gente preferisce uscire di casa. Molto meglio quando fa freddo o quando piove, anche se il freddo o la pioggia non mi piacciono proprio, ma lavoriamo di più. Più che lavoratori, siamo schiavi. La vedi la piattaforma per cui lavoro? Ci ha messo in competizione tra noi rider. È una guerra tra poveri. Chi è più disponibile ha un punteggio più alto e ha più chance di fare consegne. Se ti ammali o, come è successo a me, ti rubano la bici, sono affari tuoi: vieni penalizzato. Ma ora ti abbassano il punteggio anche se il cliente non fa like alla mia consegna. Tra gradimento customer e algoritmi vari è dura. Però non riesco a trovare alternative».
Se Mamadou scende da Canegrate, Monday, 25 anni nigeriano (la comunità africana rappresenta il 50% dei ciclofattorini in circolazione), arriva nel capoluogo lombardo da Novara: «Ogni giorno spendo tra andata e ritorno 11 euro di biglietto di treno», si lamenta. «Il guadagno? Con il food delivery per cui lavoro non sai esattamente quale sarà la paga precisa per la consegna. In questo periodo si fa fatica: durante la settimana non riesco a fare più di sei/sette consegne e guadagno dai 5 ai 6 euro l’una. Va un po’ meglio il sabato e la domenica: a volte riesco a portare a casa tra i 30 e i 50 euro a sera. Ma devo fare tutto entro le 22, perché poi ho il problema di ritornare a Novara».
C’è anche chi come Tarik, pakistano di 28 anni, da Cernusco sul Naviglio, hinterland nord-Est di Milano raggiunge Saronno tutti i giorni: «Tra 45 minuti di metrò fino a Cadorna e un’altra mezz’ora di treno, perdo quasi un’ora e mezza di viaggio a tratta. E più di una volta hanno da ridire su come metto la bici nel vagone», spiega. «In genere, consegno pizze e prendo 4 euro a consegna e faccio più di 50 ore a settimana. Di sera, quando c’è buio e percorro le provinciali per raggiungere i paesini vicini, prego il mio Dio che non mi succeda nulla».
Ma c’è anche chi di recente ha annunciato l’assunzione dei suoi rider come dipendenti dal 2021, come Just Eat.
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