MESSE DESERTE
Chiese sempre più vuote nel Varesotto
Prosegue il calo di presenze alle celebrazioni. Dopo la cresima i ragazzi spariscono

Chiese sempre più vuote. I dati ufficiosi che riguardano Varese e provincia indicano una situazione circa la frequenza alla messa domenicale di poco superiore a quella fotografata su scala nazionale dalla Conferenza Episcopale Italia: a partire dalla vigilia della pandemia da Covid-19 ad oggi è calata dal 9,3 al 9,1 per cento, con punte che nel capoluogo vanno dal 4 al 12 per cento, oscillazione che spesso è legata al funzionamento dell’oratorio. I giovani tra 15 e 29 anni assolvono al precetto per il 15 per cento, che sale al 25 di chi ha tra 45 e 60 e al 40 per cento negli over 60. Risultato: nelle due diocesi di cui si compone il Varesotto (milanese e comasca) le funzioni religiose sono sempre più appannaggio delle persone anziane o prossime alla pensione, con una età media vicina ai 65 anni, la più elevata, per la sola messa festiva.
MODALITA’ DA AGGIORNARE
Già mezzo secolo fa le chiese protestanti di tutta Europa erano diventate più che altro luoghi museali: accadrà presto anche da noi? «Tutto dipende da come la Chiesa riesce ad aggiornare le modalità con cui annunciare il Vangelo - risponde don Matteo Missora, responsabile della pastorale giovanile per la comunità Sant’Antonio Abate di Varese (parrocchie di Basilica, Bosto, Brunella e Casbeno, il cuore della città) - di sicuro assistiamo ad un grosso calo di partecipazione alle messe, specie quelle della domenica e non solo tra i giovani, ma anche nell’età in cui si hanno figli in età minore. Bisogna rendersi conto che la celebrazione festiva non è più un appuntamento per tutti, quello al quale partecipava buona parte dei fedeli. Gli stessi giovani non si riconoscono in larga maggioranza come cristiani e gli anziani preferiscono seguire la messa in televisione. Da questo punto di vista, la pandemia ha generato un forte cambiamento di abitudini. Fare il prete è allora una sfida anche maggiore che in passato, ma dobbiamo ripensare l’Annuncio in ogni occasione opportuna e non opportuna, dove scrive San Paolo, e partire dal principio che noi preti non possiamo dare più nulla per scontato».
GLI ORATORI
Reggono ancora, non sappiamo fino a quando viste le premesse, gli oratori, che nella diocesi ambrosiana rappresentano il 40 per cento del totale nazionale e sono molto radicati sul territorio. Ancora più preoccupante si presenta il quadro nella diocesi lariana, cui appartengono Valcuvia e Valmarchirolo con circa 35mila residenti, meno del 5 per cento del totale provinciale, dove gli oratori sono meno frequenti e aperti solo il sabato e la domenica o solo d’estate. «La situazione è a dir poco complicata» esordisce don Valerio Livio, coadiutore nella comunità pastorale Gesù Misericordioso che raggruppa ben cinque parrocchie (segnale evidente della scarsità di ordinazioni sacerdotali) a Rancio Valcuvia, Bedero, Masciago Primo, Cassano e Cunardo.
GIOVANI LONTANI DALLA MESSA
E prosegue: «I giovani che frequentano sono molto motivati, ma sono pochi e pochissimi coloro che vengono a messa la domenica. Li influenza molto il giudizio che della Chiesa offrono in genere i mass media e la loro coscienza di fede si ferma al catechismo imparato da piccoli. Dopo la cresima non si vedono più. Abbiamo genitori giovani con bimbi piccoli, ma spesso rispondono agli inviti col solito “decideranno se frequentare quando saranno grandi”, cioè quando per molti sarà più difficile entrare in chiesa. Invertire la tendenza significa avere pazienza, disporsi all’ascolto, non bacchettare troppo. Per il resto, nessuno scoramento: fare il prete è impegnativo come essere mamma o papà».
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