MAGA: LA MOSTRA
Cinquant’anni senza perdere il ritmo

«Sabato 15 ottobre 1966 Mario Sola, sindaco di Gallarate, inaugura la Civica Galleria d’Arte Moderna realizzata in un appartamento di 170 mq nel condominio Montegeneroso in via XXV aprile al 4, con il primo nucleo di opere donate alla città dal Premio Nazionale Arti Visive, fondato nel 1949 da alcuni universitari della città guidati dall’allora giovane artista Silvio Zanella, per costituire un museo d’arte contemporanea in città».
Così ricorda quell’inizio Emma Zanella, direttore del Maga, il museo erede della Civica Galleria. Sulle pareti in cartongesso di ieri, come su quelle di oggi replicate al piano terra del Maga, delimitanti le dieci stanzette in cui si assiepano le 124 opere esposte nel 1966 (86 dipinti, 3 sculture, 10 grafiche e 25 disegni), scorre un pezzo importante dell’arte italiana, dagli anni Trenta all’immediato dopoguerra, con le opere acquisite nelle prime sette edizioni del Premio, a partire dal 1950.
Così troviamo concentrate in uno spazio limitato le opere dei maggiori artisti che la critica ha di volta in volta etichettato come novecentisti, chiaristi, neorealisti, neo-cubisti, astrattisti, concretisti, ultimi naturalisti, informali, nucleari, ecc. Sono i dipinti di Carlo Carrà, Atanasio Soldati (vincitore del Premio nel 1951 con la straordinaria opera concretista «Ambiguità-composizione» che destò tante polemiche), Emilio Vedova, Reanato Birolli, Giuseppe Santomaso, per citarne alcuni.
Il condominio Montegeneroso ospiterà la Civica Galleria per pochi anni. Nel 1970, viene trasferita nel Palazzo Pubblici uffici di viale Milano 21, dove rimane per oltre quarant’anni fino all’inaugurazione del Maga nel 2010, museo la cui gestione viene affidata alla nuova Fondazione Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea «Silvio Zanella». La collezione permanente è passata dalle 124 opere del 1966 alle oltre 6.000 opere di oggi.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Lasciata al piano terra la sezione storica della mostra «Il ritmo sopra tutto», si sale ai piani superiori dove Franco Buffoni propone molteplici e significativi accostamenti, scambi, ma anche commistioni tra le arti, esponendo brani di poesie e lavori, per lo più pittorici, della collezione Maga, orchestrati in nove sezioni con il «la» dato da «L’astrazione della libellula», in cui le ritmiche ripetizioni del poemetto di Amelia Rosselli si rapportano alle opere astratto-geometriche del Mac.
Gran finale con «Di prosa in prosa ma si chiamano poeti» che getta uno sguardo sulle trasformazioni della contemporaneità comuni alle due arti: mentre in letteratura emerge la sovrapposizione di poesia e prosa (di Aldo Nove «Negro»), nelle arti visive diviene rilevante la multimedialità (mix media di Riccardo Arena).
Tra queste due sezioni le altre sette in una progressione che va dalla vertigine sulla quotidianità («Lavorare stanca» di Cesare Pavese e «Natura morta» di Giorgio Morandi) al gesto poetico («Da un brindisi» di Mario Luzi e la tela di Emilio Scanavino) e il segno ermetico-spaziale di Lucio Fontana. Da poeti pittori e la ricerca verbovisuale (i due Emilio: Isgrò e Villa) alla neoavanguardia tra Balestrini e Rosselli. Dalla società e l’individuo (con «Notizia» di Giovanni Raboni e il collage «Antoniette du Liger» di Enrico Baj) al magico nitore, tendenza verso un ritorno al classicismo, con poesie di Valerio Magrelli e Milo De Angelis e l’anacronismo pittorico di Luigi Ontani. Sino alle declinazioni della memoria, uno sguardo sulle relazioni tra spazio, tempo e sentimenti esemplificati in opere quali la poesia «Jucci» di Franco Buffoni e l’elaborazione fotografica di Moira Ricci.
Utilissimo il mini catalogo in mostra.
«Il ritmo sopra tutto. Cinquant’anni di storia e di arte al Maga 1966-2016» - Gallarate, Museo Maga, via De Magri 1, sino al 5 febbraio da martedì a venerdì 9.30-12.30 e 14.30-18.30, sabato e domenica 11-19, 5/3 euro.
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