ANAGRAFE
Cittadinanza, a Varese 650 nuovi italiani
Dal 2023 a oggi, altri 70 entro fine anno. Ecco la normativa

Come si diventa cittadini italiani? Una domanda che sorge spontanea in questi giorni di grande dibattito politico che ha fatto parlare tutti in latino, anche sotto l’ombrellone, citando il principio dello Ius soli e soprattutto dello Ius scholae.
A Varese, l’Anagrafe e i Servizi demografici hanno “reso italiani” circa 650 persone dall’inizio del 2023 a oggi. Lo scorso anno sono stati 353, mentre in poco più di un anno e mezzo sono state oltre 80 le persone trasferitesi a Varese che hanno chiesto la cittadinanza perché i propri avi erano italiani. L’agenda è già pieno fino a febbraio e à entro la fine dell’anno i nuovi italiani saranno una settantina.
IL GIURAMENTO
La legge è davvero complicata per chi non mastica giurisprudenza ma in generale - per i cittadini extra Ue - possiamo sintetizzare in quattro i casi in cui si può diventare italiani. L’attività viene svolta partendo da richiesta a Prefettura e ministero piuttosto che al Consolato, ma la gran parte del laovro “ricade” sull’Anagrafe di Palazzo Estense. Ed è davanti a Nicoletta Zucchi, responsabile del settore o a un altro ufficiale di Stato civile che i maggiorenni leggono la formula di rito: “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato”.
La modalità del giuramento “vale” per gli extra Ue residenti da dieci anni in Italia (5 per i comunitari): vi si arriva spesso dopo 4 anni dalla richiesta in Prefetura e dopo una serie di verifiche che il Comune ha l’obbligo di compiere dopo il “via libera” ministeriale entro sei mesi.
SE CI SONO MINORI
Se in una famiglia vivono bambini o ragazzi ancora minorenni, possono diventare italiani, se il nucleo familiare è convivente e se i figli nati alla coppia o adottati sono appunto con i genitori (che non devono aver avviato pratiche di separazione). Nel caso, invece, di una moglie straniera, la donna può richiedere la cittadinanza dopo due anni di residenza o tre di matrimonio.
TUTTO DIVERSO PER I DICIOTTENNI
Se non hanno ancora la cittadinanza italiana, i minori stranieri al compimento del 18esimo anno hanno diritto a richiedere la cittadinanza italiana. La procedura è complicata perché è il Comune di residenza che nei sei mesi precedenti deve mandare una lettera al giovane nella quale si dice che ha diritto a richiedere la cittadinanza entro un anno. Deve però dimostrare di essere residente in Italia ininterrottamente da 18 anni (senza periodi di residenza nel Paese d’origine dei genitori, per esempio) e di essere in regola con i permessi di soggiorno. Per gli adulti, la cittadinanza italiana viene acquisita il giorno dopo il giuramento, per i 18enni dopo aver sottoscritto la dichiarazione di richiesta.
IURE SANGUINIS
Ci sono poi i casi di chi nasce in altri Paesi e chiede di ottenere la cittadinanza italiana per discendenza. A Varese, spesso, sportivi o professionisti che si trasferiscono.
Il cosiddetto ”diritto di sangue”, iure sanguinis. Figli di emigrati italiani magari di sei o sette generazioni fa, possono tornare in Italia e fare richiesta di acquisire la cittadinanza italiana. La legge è la 55/1912 e prevede il principio di riconoscimento della cittadinanza per derivazione paterna. Il cittadino deve presentare una gran quantità di documentazione e il lavoro dei Servizi demografici varesini è immenso. Nell’ultimo anno sono state 83 le persone diventate italiane a Varese per discendenza. Senza entrare nello specifico di disposizioni complicate, va sottolineato che le norme - già molto complicate e con paletti temporali particolari - si riferiscono solo ai discendenti per derivazione paterna.
Per chi è nato da donna italiana, se la nascita è avvenuta dopo l’1 gennaio 1948, cioè dall’entrata in vigore ella Costituzione, non vi sono problemi perché anche le done trasmettono la cittadinanza ai figli. Un concetto per noi “normale” e scontato ma non per la legge in vigore. Il che significa che l’unico modo per ottenere la cittadanza italiana è il ricorso giudiziale, cioè rivolgersi al Tribunale. «Ho scritto anche al ministero - spiega Nicoletta Zucchi - per segnalare questa situazione e chiedendo di intervenire».
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